IL PREMIER: COLPIREMO SOLO OBIETTIVI MIRATI
IL COLLE DICE SÌ, I DEMOCRATICI: NOI CI SIAMO
di Caterina Perniconi
L’Italia bombarderà la Libia con il via libera del capo dello Stato. Per Giorgio Napolitano l’ulteriore impegno nel conflitto “costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall’Italia”. Eppure la bomba sembra piuttosto scoppiata all’interno del governo. Dopo la decisione confermata ieri nel vertice col presidente francese, Nicolas Sarkozy, le rassicurazioni di Berlusconi – “con Bossi è tutto a posto” – sono durate poco più di un’ora. Il leader della Lega ha fatto sapere che resta contrario all’intervento perché “le guerre non si fanno e comunque non si annunciano così. Se gli americani vogliono bombardare facciano loro”. Ma soprattutto, per il senatùr, “dopo le dichiarazioni di Berlusconi, Gheddafi ci riempirà di clandestini”. I timori alla base del pensiero leghista li aveva già spiegati lunedì il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, definendosi “contro le guerre che portano nuovi rilevanti oneri e coinvolgono dei poveretti, che poi inevitabilmente si riversano nel nostro Paese”. Il Carroccio è preoccupato dalle conseguenze della partecipazione a un conflitto: l’innalzamento delle tasse, i rincari della benzina, il rischio dell’arrivo di nuovi immigrati. Specialmente alla vigilia di una campagna elettorale.
Ma quello leghista non è l’unico nervo scoperto all’interno della maggioranza. Ad ammettere che anche nel Pdl esistono delle “riserve” ai bombardamenti è il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, che preferirebbe “un’Italia che manda gli aiuti umanitari a Bengasi piuttosto un’Italia che bombarda”.
ANCORA più dura la posizione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, che definisce l’intervento “completamente sbagliato, i cui presupposti sono e restano del tutto infondati”. Per Giovanardi l’Italia avrebbe “più motivi per bombardare la Siria dove Assad massacra i manifestanti e rappresenta una parte di popolazione molto inferiore a Gheddafi”. A completare il fronte dei contrari della maggioranza è Souad Sbai, rientrata nelle file del Pdl da Fli, ma in contrasto con le scelte di politica estera di Berlusconi, e in polemica con le parole di Napolitano: “L’evoluzione naturale delle rivoluzioni non è il bombardamento di un popolo, perché solo i civili ne pagano le conseguenze. Il mondo arabo ha bisogno piuttosto della sua libertà, non di un neocolonialismo mascherato dall’intervento umanitario”.
DOPO IL PARERE contrario di Umberto Bossi, dichiarato in serata, il Partito democratico, rimasto per tutto il giorno sulla posizione “non ci sottrarremo” in piena sintonia con la presa di posizione del Quirinale, ha deciso di valutare un documento su cui chiedere il voto in Parlamento, per provare a far inciampare il governo sulla politica estera. Immediata la risposta del ministro Ignazio La Russa, che oggi riferirà alle Commissioni riunite Esteri e Difesa, di Camera e Senato, con il ministro Franco Frattini: “La spaccatura nella maggioranza sulla Libia non ci sarà, a differenza di quanto avvenuto con il governo Prodi, quando una parte considerevole della sua maggioranza votava contro la politica estera del premier. Non capisco la posizione della Lega che ha votato esattamente come gli altri questa adesione italiana”. La tensione potrebbe anche avere ripercussioni sul Consiglio dei Ministri, previsto per venerdì, nel quale si decideranno i nuovi ingressi nel governo.
Intanto ieri si è diffusa la notizia che la Libia avrebbe importato benzina dalla Saras (azienda dei Moratti) a inizio aprile, con la nave italiana Valle di Navarra, approfittando di una scappatoia nelle sanzioni delle Nazioni Unite, aggirando quindi l’embargo. Ma la Saras smentisce di aver “venduto o consegnato benzina alla società libica General National Maritime Transport Company”.
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