mercoledì 13 aprile 2011

Quei deputati senza vergogna


di Eugenio Scalfari

Quando i parlamentari, in maggioranza, decidono che secondo Berlusconi Ruby era davvero la nipote di Mubarak, non difendono solo il loro capo: tolgono anche a tutti gli italiani la speranza di un Paese civile

(12 aprile 2011)

"Ho sotto gli occhi l'elenco dei membri della Commissione parlamentare inquirente sui procedimenti d'accusa, un nome in verità troppo lungo per il niente assoluto che questo importante organo del Parlamento ha fatto finora. Sono venti tra deputati e senatori e tra di essi, ne sono certo, non mancano le brave persone. Alcuni li conosco da tempo e sono disposto a giurare che nessuno di loro ha mai schiaffeggiato un bambino, depredato una vedova, approfittato d'un debole o commesso comunque atti in qualche modo riprovevoli. Eppure queste venti persone sono secondo me, dal punto di vista della moralità pubblica, tra coloro che si sono macchiati del più grave dei reati e cioè di spegnere nei cittadini di questo Paese ogni fiducia e ogni speranza nell'istituto parlamentare.

A questi deputati e senatori è stato affidato un compito delicatissimo. Spetta a loro infatti giudicare dei reati politici eventualmente commessi dai ministri e perfino, se del caso, dal presidente della Repubblica. Essi sono il giudice inquirente, il braccio inflessibile del Parlamento che tutela l'eguaglianza di tutti dinanzi alla legge.

In realtà questi deputati e questi senatori stanno facendo da anni mercato del potere a essi affidato e lo stanno facendo senza nemmeno il pudore di nascondere le loro intenzioni. Hanno fatto di tutto; hanno tolto dalle mani dei magistrati processi sui quali non avrebbero avuto, in base alla legge, alcuna competenza; hanno privato il giudice ordinario perfino della possibilità di trattenere presso di sé le copie degli atti; hanno rifiutato di restituirgli le istruttorie almeno per quanto riguardava gli imputati non coperti dalle prerogative istituzionali. Hanno avocato tutto e hanno insabbiato tutto.

Su di loro e sulla loro squallida commissione sono state coniate barzellette, gli sono stati affibbiati nomi d'arte, gli sono state dedicate vignette di scherno, ma a nulla è servito perché essi hanno proseguito imperterriti nel loro comportamento
".

I lettori che hanno letto fin qui queste righe che ho trascritto tra virgolette penseranno che mi sia stato suggerito dall'attualità del tema. La giunta delle autorizzazioni a procedere ha infatti sollevato il conflitto di attribuzione per bloccare il processo "Ruby" e trasferirlo al tribunale dei ministri. Se questo trasferimento dovesse avvenire quel tribunale prima di procedere dovrebbe avere il benestare della giunta che certamente glielo negherebbe.

Ebbene, le righe che fin qui avete letto io le ho scritte sulla "Repubblica" del 25 gennaio 1976, nel primo mese di vita del nostro quotidiano. Sembrano scritte oggi, non è vero?

In quell'articolo - che aveva come titolo "Venti nomi da ricordare" - davo anche l'elenco dei componenti della giunta. Potrei trascrivere qui i venti nomi dei membri attuali e dei gruppi parlamentari di appartenenza, ma a che cosa servirebbe? Sono passati 35 anni da allora e il problema è sempre lo stesso. Quasi tutti i problemi dell'etica pubblica nel nostro Paese sono gli stessi. A volte, rileggendo gli articoli che ho scritto sull'"Espresso" e su "Repubblica" nel corso di tanti anni, mi sorge un sentimento di disperazione. E' mai possibile? Speravamo in un Paese migliore e ci ritroviamo invece in una situazione peggiore di prima, con problemi aggravati ma non diversi.

Disperazione significa scomparsa della speranza. Appunto, è proprio questo che mi sta capitando.

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