Sono le quattro del pomeriggio. Un caldo estivo. Roma, giovedì scorso. Mauro Masi imbocca il civico 115 di piazza Montecitorio. Lì c’è l’ufficio di Daniela Santanchè, sottosegretaria al Programma di governo. Il direttore generale della Rai ha già incontrato Denis Verdini, non più baffuto come lui, ma di fatto promosso da Marcello Dell’Utri a “coordinatore unico del Pdl”, perché Bondi e
Masi va dalla Santanchè e prende l’ascensore. Destinazione quarto piano. L’ascensore parte. Masi è accompagnato da un uomo della sua scorta. Quarto piano. Arrivati.
Poi, la brutta sorpresa.
Le porte non si aprono (come ha anticipato giovedì Dagospia). Il dg soffre di claustrofobia e ha paura. Inizia a sudare. Grida aiuto. Prende a pugni le porte moderne di metallo che non si aprono.
La sottosegretaria sente urlare e si precipita sul pianerottolo. Vengono chiamati i vigili del fuoco. Accorrono anche i carabinieri.
Nel trambusto generale, i pompieri riescono a fare un piccolo passaggio laterale. Passano un martello e un po’ d’acqua. Masi inizia a martellare con violenza, invano.
Sotto l’edificio arriva un’ambulanza, da cui viene scaricata una barella per il soccorso immediato. Sembra di stare su “Scherzi a parte”. Ma non è uno scherzo.
Il tempo passa e Masi peggiora.
Alle quattro e mezza è ancora dentro, imprigionato nella cabina di quel maledetto ascensore. I vigili continuano a lavorare per sfondare le porte, che resistono alle martellate, dall’interno e dall’esterno. Masi non smette quasi mai di urlare. Vengono allertati gli infermieri con la barella. Alle sedici e quarantacinque, l’incubo finisce. I pompieri salvano Masi, che esce seminudo dall’ascensore, senza giacca e camicia, visibilmente provato. Claustrofobia. Saluta
Da Palazzo Grazioli a Viale Mazzini rimbalza una battuta cinica e crudele: “Abbiamo perso un’occasione per farlo fuori”.
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