mercoledì 20 aprile 2011

Sangue a Gaza per catturare gli assassini di Vik


LE FORZE DI SICUREZZA DI HAMAS ACCERCHIANO I SEQUESTRATORI DEL VOLONTARIO ITALIANO CHE SI FANNO SALTARE IN ARIA: DUE MORTI

di Francesca Cicardi

Il Cairo

Il presunto assassino di Vittorio Arrigoni, Abu Abdel Rahman Bereitz, si è sparato ieri sera a Gaza per evitare di essere catturato dalle forze di sicurezza di Hamas, che lo stavano cercando da giorni e ieri hanno circondato la casa dove lui e gli altri due sospettati si nascondevano, nel campo rifugiati di Nuseirat, nel centro della Striscia. Prima di morire Bereitz, soprannominato “giordano”, ha lanciato una granata ammazzando colui che si ritiene fosse il suo complice, Mohammad Salfiti, e ferendo l’altro, Bilal al-Omary, che è ora in custodia delle autorita di Hamas.

I tre erano sfuggiti all’operazione dello scorso venerdì, quando fu ritrovato il cadavere del volontario italiano, sequestrato da un comando salafita. Il Governo di Hamas li ricercava da allora e ha tentato ieri di trattare la loro resa con i parenti dei miliziani e con la presenza del capo della fazione estremista, Abdel-Walid al-Maqdisi, nelle mani delle autorità della Striscia e del quale la cellula aveva chiesto la liberazione in cambio di Arrigoni, morto giovedì.

La salma del volontario è arrivata nella notte tra lunedì e martedì al Cairo. Consegnata alle suore dell’Ospedale Umberto I, conosciuto come l’ospedale italiano, dove è stata custodita nella piccola e vecchia morgue fino alla prima cerimonia in suo onore, programmata per ieri pomeriggio: non una messa nella cappella dell’ospedale, non una camera ardente propriamente detta, solo due preghiere cantate da cinque suore intorno alla bara semplice, di legno, come quelle che si usano nei paesi islamici per seppellire i martiri.

Il corpo del volontario italiano è stato trasportato dalla Striscia di Gaza al Cairo con un viaggio “lungo e faticoso” (6 ore di strada in mezzo al deserto a 35 gradi), cosí come l’ha descritto l’unico amico che lo accompagna, Osama Kashyu, dell’International Solidarity Movement.

In questo modo è stato esaudito il desiderio di Arrigoni, detto “Vik”, e quello della sua famiglia di non passare attraverso il territorio israeliano, anche se questa sarebbe stata la rotta più rapida e diretta per l’Italia, dove si attende l’arrivo della salma oggi in serata.

“L’occupazione israeliana è la colpevole della sua morte”, ha dichiarato Kashyu, per questo si è scelto di portarlo in Egitto attraverso il passo di Rafah, l’unica frontiera di Gaza non controllata dagli israeliani.

POCO DOPO IL TRAMONTO al Cairo, qualche centinaio di persone – egiziani, palestinesi, alcuni italiani - hanno dato l’ultimo addio a “Vik” in terre mediorientali. Di fronte all’ambasciata italiana, sul lungo Nilo, è stata appesa una bandiera palestinese e sono state accese candele per ricordarlo “non come un corpo” ma come “un’idea, una strategia”, come l'ha descritto il suo compagno di viaggio Kashyu.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non aveva scampo e lo sapeva, conosceva i rischi, mortali, dell'estremismo religioso. Questa morte mi ha profondamente commosso.