mercoledì 27 aprile 2011

“Sinistra divisa Bersani sembra Godot”


Errore il sì alla guerra, dissento dal Colle
Al segretario ho detto: facciamo un nuovo patto
Lui: siamo oltre
Ma oltre che?

di Fabrizio d’Esposito

Sulle bombe italiane a Tripoli, ieri pomeriggio, ci sono state ben tre ore di differenza tra Nichi Vendola e Pier Luigi Bersani. Nel senso che il leader di Sinistra ecologia libertà alle quindici ha detto che la “guerra è sempre una sconfitta”. Il segretario del Pd si è espresso invece alle sei di sera con una dichiarazione minimalista, condizionata dal sì del Colle allo “sviluppo naturale della missione” in Libia. Ha spiegato Bersani: “Credo che la risoluzione già votata sia capiente di un’iniziativa italiana”. Forse anche per questo il partito del governatore pugliese ha sfondato il muro del 7% nel sondaggio Cise-Sole 24 Ore pubblicato ieri dal quotidiano confindustriale. Sette virgola uno, a fronte di un Pdl indebolito e di un Pd convalescente, che sarebbe condannato al “suicidio” se si alleasse col terzo polo centrista anziché con Sel e Idv.

Vendola, se oggi foste al governo con il Pd lei sostituirebbe Bossi.

Ma quello dei leghisti non è pacifismo.

Che cos’è?

È cinismo, indifferenza. Una posizione dettata dal fatto di mettersi al riparo dall’arrivo di altri profughi. Non scherziamo, Emergency e Calderoli non si possono paragonare.

Il risultato politico però non cambia. Sel non è in Parlamento. Altrimenti?

Ci divideremo su questo, senza dubbio.

Il Pd fa anche scudo a Napolitano.

Sono stato tante volte d’accordo con il capo dello Stato ma adesso dissento con molta sofferenza.

Non c’è alcun “sviluppo naturale” della missione libica?

No, assolutamente. Il teatrino di Berlusconi contiene una sequenza incredibile di salti logici. Siamo passati dalla vergogna del baciamano al Rais alle bombe. Senza dimenticare che noi siamo stati il paese colonialista che ha occupato la Libia.

L’Italia ha tentennato per settimane.

Appunto. E l’ansia di Berlusconi non era per le sorti del popolo libico ma per quella dell’amico Gheddafi. Adesso ci accodiamo ai bombardamenti aprendo un altro grave problema.

Quale?

Cosa faremo in Siria, nello Yemen? Qual è il metro per misurare che la violazione dei diritti umani non è più tollerabile? La verità è che l’Europa è senza classe dirigente, senza antenne per capire quello che stava e sta succedendo nelle viscere delle società mediterranee.

E l’Italia?

È l’avanguardia della retroguardia europea. L’escalation militare fa tornare un fantasma che sinora non aveva fatto capolino.

L’islamismo radicale.

I fondamentalisti troveranno vigore per la loro campagna anti-occidentale . La guerra che situazioni ha determinato sinora? La Libia potrebbe essere un nuovo Afghanistan.

A sinistra come se ne esce? Il premier si batte solo con un’alleanza Pd-Idv-Sel.

Per me la teoria dell’ingerenza è morta e sepolta, insieme con le ideologie del Novecento. Però mi rifiuto di credere che l’unico volto dell’ingerenza sia quello della guerra. Io voglio ingerire eccome se uno Stato sovrano tortura i suoi oppositori.

Una risposta a metà.

La sinistra mondiale deve discutere su come dare luoghi e forme nuove al diritto internazionale, dopo che le guerre infinite di Bush, con gli errori di Blair, hanno ridisegnato la geografia del pianeta.

Fermiamoci alla sinistra italiana.

Oggi siamo divisi. Ma sono convinto che se fossimo stati al governo non avremmo accolto Gheddafi col baciamano e avremmo capito le rivoluzioni mediterranee come accadde con quelle dell’est europeo.

Il Muro di Berlino.

Oggi sta crollando un altro muro, un muro d’acqua. E sarebbe ora che l’Europa riprendesse il processo di allargamento con la Turchia e i paesi balcanici come l’Albania.

Per il momento è Sel ad allargarsi al 7,1 per cento.

Un dato straordinario, considerato che siamo ancora un partito fragile, senza rappresentanza parlamentare. Il merito è del nostro riformismo radicale: né apologeti dell’avversario, né custodi cimiteriali del passato.

Il centrosinistra vince però non ha una strategia, scrive il Sole 24 Ore. Né un leader, né un programma. Niente di niente.

Il problema è il Pd. Un partito che rischia di fare come il protagonista di “Aspettando Godot”. Loro aspettano il terzo polo.

Che invece ha tutto da guadagnarci se va da solo.

Esatto. Il punto vero è che oggi c’è un grande casino.

Un casino a volte inerte.

Il punto vero è che tutti passiamo a interrogarci su cosa sarà la destra senza Berlusconi e se l’edificio del Pdl resisterà a questo terremoto. Poi, su che cosa sarà il centro. Lo stesso centrosinistra è molto preso da questa discussione.

Nessuno che s’interroghi su che cosa sia la sinistra.

L’ho detto a Bersani. La mia domanda è stata: facciamo un cantiere per costruire il nuovo centrosinistra?

E lui?

Mi ha risposto che è già oltre. Ma oltre cosa? Noi stiamo ancora nell’al di qua, compreso il Pd.

Reiteri, bombe a parte.

Si può fare un’offensiva unitaria sulla giustizia, sui referendum di giugno. C’è spazio per un’agenda comune. Non dimentichiamo che il centrodestra di Berlusconi è minoranza nel paese. Una minoranza rancorosa da mandare all’opposizione.

Ma c’è una montagna da scalare: la coalizione, il leader.

Il punto centrale sono le primarie. Sono lo strumento ideale, che liberano un’energia straordinaria. Anche il programma deve essere scelto dal popolo di sinistra, mica bisogna scriverlo al chiuso delle segreterie.

I suoi critici diranno che lei è il solito populista.

Intanto a Milano il risultato delle primarie ha messo in campo un candidato, Pisapia, che adesso fa paura alla Moratti e a Berlusconi.

Ma a Napoli avete scelto di appoggiare il prefetto Morcone, non De Magistris. Una partita in salita, visti i sondaggi che danno Morcone terzo.

Al di là di quello che sarà il risultato, ai ballottaggi si troverà un punto di equilibrio per riunificare il centrosinistra.

Amministrative decisive per il governo. Un test nazionale, per ammissione del Cavaliere.

Se il miracolo non lo farà San Gennaro, ci penserà Sant’Ambrogio.

Nessun commento: