venerdì 29 aprile 2011

"Uccisa perché sapeva troppo" L’ipotesi di un delitto di gruppo


GRAZIA LONGO

La sua bellezza aveva fatto pensare, in un primo momento, a un delitto passionale o alla vendetta di uno stalker. E invece no. Melania potrebbe essere stata uccisa perché conosceva un segreto troppo scomodo. Un segreto che apparteneva a più di una persona e che non c’entra nulla con quel segno simile a una svastisca sulla coscia e con la siringa lasciata sotto il seno sinistro, maldestri tentativi per depistare le indagini.

Un mistero che, una volta svelato, avrebbe potuto scardinare la vita tranquilla dell’ambiente in cui viveva,
Folignano, alle porte di Ascoli Piceno. A undici giorni dal delitto di Melania Rea - colpita da 32 coltellate nella pineta di Ripe di Civitella il 18 aprile scorso, dopo essersi allontanata dal marito e dalla figlia sul pianoro di Colle san Marco - le indagini sembrano virare in una direzione che vede la bella e dolce mamma di 29 anni depositaria di una verità insospettabile. Che avrebbe potuto screditare l’immagine di parenti e amici.

Che cosa aveva scoperto di così terribile? E a chi voleva rivelarlo? Ci sono tutti gli ingredienti di una storia che sarebbe piaciuta a George Simenon. Intrighi umani che si nutrono di sospetti, tradimenti, abitudini trasgressive. Ma la realtà è un’altra cosa dai romanzi.

Contano gli elementi concreti. Come i due scontrini di un negozio di generi alimentari trovati sul luogo dove, il 20 aprile, è stato ritrovato il cadavere. Uno porta la data del 18 aprile, giorno della scomparsa. L’altro, del 19 aprile. Li ha persi lì l’assassino? E’ dunque tornato sul luogo dell’omicidio? Troppo presto per dirlo. «Al momento non ci sono indagati e non siamo concentrati su nessuno in particolare» afferma il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Alessandro Patrizio. Eppure si respira aria di svolta. Tre le persone nel mirino degli investigatori. Tre uomini, ma c’è anche chi allude alla possibile presenza di una donna.

Il lavoro dei carabinieri del Ris, arrivati ieri, potrebbe rilevare aspetti importanti per l’inchiesta. «Ci vorrà tempo per avere i risultati - precisa il colonnello Patrizio -, ma contribuiranno a chiarire il quadro. I reperti analizzati dai Ris sono quasi un centinaio: capi d’abbigliamento e accessori della vittima, ma anche rilievi sull’automobile, che non è stata comunque posta sotto sequestro».

E proprio sulla macchina di Melania e del marito
Salvatore Parolisi, 30 anni, caporalmaggiore scelto ed istruttore delle donne soldato, si è concentrata l’attenzione degli inquirenti. Per un altro motivo. L’amico del marito di Melania, Raffaele Paciolla, agente di polizia penitenziaria, è stato interrogato ieri. Accompagnato dall’avvocato Tommaso Pietrapaolo, ha dovuto spiegare se aveva o no visto una valigia sulla Renault della coppia. Perché è importante questo dettaglio?

Nell’attesa di dare una risposta a questo interrogativo, ci si può soffermare su un altro aspetto che vede coinvolti Tommaso e Salvatore. E’ stato proprio il primo a informare gli inquirenti che il marito di Melania era già stato nella pineta di Ripe di Civitella. Proprio insieme alla moglie. E Salvatore ha confermato: «Ci eravamo appartati un paio di settimane prima della morte di Melania, mentre nostra figlia di 18 mesi era chiusa in macchina».

Una dichiarazione che arriva solo qualche giorno fa, molto tempo dopo gli interrogatori dei carabinieri a cui Salvatore Parolisi era stato sottoposto. Oggi lui dichiara: «Sono pronto a fornire il mio Dna, non no niente da nascondere». Singolare coincidenza la sua deposizione a proposito della camporella con la moglie sul luogo del delitto? Il pool dei magistrati ascolani, Umberto Monti, Carmine Pirozzoli e Ettore Picardi, sta lavorando a ritmo incalzante.

1 commento:

Anonimo ha detto...

che storia... spero tanto non venga insabbiata, visto l'evolversi!