lunedì 4 aprile 2011

Una difficile strada obbligata


GIOVANNA ZINCONE

Sono in troppi ad avere un disperato bisogno di consenso. Tutti i principali soggetti coinvolti nell’emergenza immigrazione in Italia non possono farne a meno. E questo complica di molto le cose. Partiamo da Sarkozy, che si trova con le elezioni presidenziali alle porte e il fiato di Marine Le Pen sul collo. Perché non dovrebbe applicare il Trattato di Chambéry che prevede la restituzione al mittente degli irregolari che valichino i confini tra i due Paesi? L’accordo era del 1997.

Peraltro l’agognato ingresso dell’Italia nell’area Schengen, a partire dal 1998, ci impone di riprenderci i «nostri» irregolari da qualunque Paese dell’area in cui fossero arrivati. Per inciso, siamo anche tenuti a riprenderci eventuali richiedenti asilo che siano arrivati da noi e volessero essere accolti in un altro Paese europeo. Il Trattato di Dublino prevede, infatti, che a occuparsene sia il primo «Paese sicuro» dove sono approdati, e certo l’Italia è (fortunatamente) considerato tale. Si sostiene che la direttiva Ue del 2001 sui rifugiati imporrebbe una ridistribuzione del carico tra i Paesi dell’Unione in caso di flussi straordinari. Ma si riferisce, appunto, ai rifugiati e non ai clandestini,
e la valutazione della straordinarietà degli arrivi è comunque affidata alla discrezione degli altri Paesi. La distribuzione dei carichi all’interno dell’Unione europea ha una discutibile base giuridica, e soprattutto si profila molto difficile in pratica.

Non siamo infatti nei tempi migliori per giocare la carta della solidarietà europea. La Germania e altri partner pesanti sono da tempo molto critici sulla gestione degli irregolari da parte dei Paesi del Sud Europa: troppe regolarizzazioni di massa e magari poca capacità di controllo. Difficilmente Merkel può intenerirsi proprio ora, dopo la batosta elettorale nella sua ex roccaforte del Baden-Württemberg; anche lei ha oggi un disperato bisogno di consenso. Non stupisce invece la solidarietà all’Italia espressa dal presidente Barroso: viene non a caso da un esponente del Sud Europa, area che condivide i nostri problemi migratori, ma per la quale la necessità di supporti finanziari da parte dell’Unione di fronte alla crisi del debito pubblico rende difficile giocare un ruolo determinante su altri temi. La commissaria Malmström ha espresso la posizione dominante nell’Ue: l’Italia ha ricevuto molte risorse per il controllo delle frontiere, per l’integrazione degli immigrati, per i rimpatri assistiti; si può al massimo ragionare sulla possibilità di una diversa utilizzazione di quei fondi che privilegi i rimpatri. È possibile persino che l’Italia spunti un aumento delle risorse, molto meno probabile appare una redistribuzione su scala europea dei clandestini.

Anche il governo italiano ha un dannato bisogno di consenso, perché si avvicina un test elettorale che vede coinvolte città molto significative. E al consenso elettorale conquistato in passato dal centrodestra non è stata indifferente la promessa di controllare l’immigrazione, anzi, soprattutto il successo della Lega deve molto a quella promessa. Si capisce quindi che le incrinature che già si profilavano nel patto di ferro Bossi-Berlusconi si stiano evidenziando e rischino di trasformarsi in crepe, e il premier non può certo rischiare che queste aprano il varco a una frattura. La proposta, da poco ventilata, di applicare l’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione concedendo ai tunisini sbarcati in Italia un permesso di soggiorno di protezione temporanea per motivi umanitari ha suscitato forti obiezioni leghiste. Non sono infondate. È dubbio che una misura, nata per affrontare esodi di massa dovuti a condizioni drammatiche del Paese di partenza, si possa applicare oggi alla Tunisia impegnata in una transizione democratica attualmente pacifica. Quella misura fu infatti adottata in Italia nel 1999 a fronte del dramma del Kosovo e, non a caso, in quell’occasione anche altri Paesi, europei e non, accettarono di accogliere quote di rifugiati. Ma il punto non è il fondamento giuridico della misura, visto che di norme in Italia se ne stiracchiano parecchie. Il fatto è che questa decisione equivarrebbe a gettare la spugna: visto che l’esecutivo non è in grado di trattenere nei centri i clandestini, visto che non riesce a imporne l’accoglienza neanche ad alcune delle regioni e delle città che governa, visto che, insomma, non è in grado di gestire la situazione, lascia liberi tutti.

Dunque, trattare con Tunisi appare oggi come l’unica residua strategia credibile, ma non vuol dire che sia facile da praticare. Infatti, anche il fragile governo tunisino ha un disperato bisogno di consenso: deve ancora affrontare il test delle prime elezioni libere. Disfarsi di giovani maschi disoccupati e potenzialmente riottosi gli fa molto comodo, e se tra quegli emigrati ci fossero pure alcuni criminali, la capacità di scaricare all’estero anche quel fardello rappresenterebbe solo un vantaggio in più. Se Tunisi non dirà di no, di certo alzerà molto il prezzo per concedere l’applicazione, anzi il rafforzamento del vecchio accordo di riammissione, che la obblighi a riprendersi gli emigrati clandestini. I contatti con Sarkozy, il suo appoggio, l’appoggio dell’intera Unione su questa strategia potrebbero servire molto. E su questa linea anche Barroso potrebbe credibilmente influire. Ma nell’insieme, ora, quella di Berlusconi che parte per Tunisi, stressato dalle sue vicende giudiziarie e da iter legislativi ad esse collegate, appare tutt’altro che un’impresa facile. Come cittadini italiani, però, siamo tenuti ad augurargli «in bocca al lupo». Contenere almeno parzialmente gli esodi non solo solleverebbe il nostro Paese da un serio problema, ma ridurrebbe le sofferenze, i rischi, le morti di coloro che attraversano il Mediterraneo sognando un’Europa che non è pronta a riceverli.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

COMPLICATO, VERO? BRAVA LA ZINCONE, SCRIVE CON GRANDE CHIAREZZA.
QUANTO AL "IN BOCCA AL LUPO" MANCO PER NIENTE! SE SIAMO CON LE PEZZE AL CULO ANCHE ALL'ESTERO NON E' CERTO COLPA DIRETTA DEL CITTADINO COMUNE, LA CUI UNICA (SI FA PER DIRE) COLPA E' QUELLA DI AVERE MANDATO UN CAIMANO AL GOVERNO! ADESSO CHE SI FOTTA QUESTO CITTADINO COMUNE!