mercoledì 27 aprile 2011

Vogliamo il canàro


di Marco Travaglio

Massima solidarietà ai trombettieri di B., costretti alle più spericolate acrobazie per inseguirlo nelle sue piroette ormai quotidiane.

Su Ruby: non è prostituta ma nipote di Mubarak; anzi no, è prostituta ma anche nipote di Mubarak.

E soprattutto sulla Libia. “Non chiamo Gheddafi per non disturbarlo”; e tutti dietro: zitti, fate piano, non bisogna disturbare Gheddafi. Poi entriamo in guerra contro Gheddafi, ma senza bombardarlo, mica siamo come quel nano di Sarkozy; e tutti dietro: viva la guerra a Gheddafi, ma solo un po’, senza bombardarlo. Poi bombardiamo Gheddafi anche noi, e tutti dietro: evvai, si bombarda Gheddafi anche noi, quando ci vuole ci vuole.

Viene persino il dubbio che Lui lo faccia apposta: cioè si diverta a cambiare più posizioni di quelle del Kamasutra per vedere se i suoi pifferai riescono a tenere il ritmo. Impresa titanica, visto che, oltre ad avallare le sue panzane, i poveretti devono inseguire pure quelle dei suoi, fino all’ultimo Scilipoti. Da quando s’è saputo che l’uomo-chiave della maggioranza alla Camera ha la fissa dell’agopuntura, nelle redazioni di Libero, Foglio, Giornale e Panorama s’è scatenata la corsa all’acquisto di manuali sulle medicine alternative, non sia mai che qualcuno si faccia cogliere impreparato.

Ma ora ci tocca presentare le nostre più sentite scuse anche a Mimmo Scilipoti da Barcellona Pozzo di Gotto. Si pensava che l’espressione “toccare il fondo” coincidesse con la sua faccia, poi è arrivato Remigio Ceroni da Rapagnano, quello che non si accontenta di riformare un articolo qualunque della Costituzione: lui punta al primo.

Sandra Amurri ha raccontato di quando il nostro riformatore, in attesa di cambiare i connotati alla Costituzione, si allenava cambiandoli alla moglie a suon di ceffoni. E lui, sanguinosamente offeso, s’è fatto intervistare e immortalare da Libero nel suo idillio familiare. Lui: “Volgari menzogne, non farei mai del male alla donna che amo”. Lei: “Sono stata in ospedale solo per partorire. Remigio è un uomo pacifico, se mi avesse picchiata non saremmo arrivati a 38 anni di matrimonio”.

Il cattolicissimo on. Maurizio Lupi fa subito tanti auguri: non alla moglie menata, ma all’onorevole marito. Purtroppo però al Fatto le notizie, prima di scriverle, si usa verificarle. E così Sandra, che sulle prime aveva preferito sorvolare su certi dettagli sanitari, estrae il referto medico con tanto di denuncia alla polizia, in cui lady Ceroni tutta tumefatta “riferisce di essere stata percossa dal marito ieri alle 22.30 circa presso la propria abitazione”. Venti giorni di prognosi.

Chi lo dice, ora, al pio Lupi?

Libero torna da Ceroni per la nuova verità di giornata: “Il litigio ci fu, però francamente mi vede estraneo”. Avrà litigato con la moglie a sua insaputa, come uno Scajola qualsiasi? “Io non ero neppure in casa”. L’avrà menata a distanza, con la sola forza del pensiero? “Al pronto soccorso le avranno detto: scriva lite coniugale e così hanno chiuso la partita”. Ma certo: la moglie del sindaco (Ceroni all’epoca era sindaco di Rapagnano) arriva al pronto soccorso tutta lividi, le dicono di dare la colpa al sindaco e lei, sempre a sua insaputa, lo mette nero su bianco. Resta da capire chi l’ha menata. Ceroni tira in ballo il padre, ovviamente defunto: “C’è stato un litigio familiare, lei ha risposto male a mio padre e lui, forse, offeso, ha reagito... Mio padre è pure morto”. In attesa che oggi sforni nuove versioni di giornata (forse la signora Ceroni è la cugina di Mubarak, notoriamente molto manesco) e che Lupi candidi Ceroni a sottosegretario alla Famiglia al posto del ribelle Giovanardi, ben si comprende perché Libero vanti fra i suoi columnist Pomicino e Moggi o il Foglio pubblichi le analisi sulla Libia di Pio Pompa: per sostenere certe tesi bisogna aver già perso la faccia. Essendo venuti a mancare prematuramente il gobbo del Quarticciolo e la saponificatrice di Correggio, si attende l’esordio di un nuovo editorialista di sicuro avvenire: il canàro.

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