domenica 15 maggio 2011

"Arsenali giganteschi Per questo Gheddafi resiste così a lungo"


FRANCESCO GRIGNETTI

In Libia si combatte, si muore e si minacciano ritorsioni. In Italia ci si interroga: fino a quando? Quanti raid ancora, quante bombe, quanto sangue ci vorrà prima di vedere la fine del regime e quindi delle ostilità? «Quanto tempo, nessuno può dirlo». Il generale Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa fino a qualche mese fa, e oggi consigliere militare del ministro degli Esteri, sa che le risposte dei militari non sono mai politicamente corrette, ma non si tira indietro. «Capisco bene che l’opinione pubblica, e la politica, vorrebbero vedere il risultato al più presto. Ma le cose in guerra non funzionano così. Ci vuole pazienza, perseveranza, determinazione. E attenzione: l’ansia da prestazione è un errore che induce in errori. Comunque i risultati già si vedono».

Il generale parla di risultati. Epperò i danni collaterali si moltiplicano. Vedasi gli undici imam uccisi in un bombardamento e le minacce conseguenti. Camporini scuote la testa. «Ammesso e non concesso che vadano considerati un danno collaterale, quei morti. Non dobbiamo fare l’errore di utilizzare nostre categorie culturali per realtà diverse. Quegli imam non sono come i nostri sacerdoti. Sono attivisti. È possibile che non esitino a impugnare le armi».

La Nato considera il bombardamento di Brega un successo in quanto è stato distrutto un edificio che ospitava un cosiddetto «centro di comando e controllo». Una definizione che appare un po’ troppo generica. Camporini ieri si trovava per l’appunto in un centro di comando e controllo della Nato. Una serie di normali container, con dentro ogni tipo di diavoleria elettronica e satellitare dove è stata organizzata un’esercitazione. Gli ufficiali, ciascuno dal proprio computer, hanno guidato i potenziali reparti combattenti fino alla distruzione dell’ipotetico avversario. «In termini strettamente militari - spiega il generale - un centro di comando e controllo è il luogo dove si pianificano le operazioni militari contro la popolazione civile insorta. Certo, nella realtà libica non c’è differenza tra vertici politici e militari. Quindi è possibile, anzi certo, che nella stessa stanza dove si pianifica politicamente una data azione, si diano allo stesso tempo ordini alle forze combattenti».

Monta la stanchezza per questa guerra, però. Quanto dovranno andare avanti i raid? E basteranno le forze presenti sul campo o sarà necessaria un’escalation? Il ministro degli Esteri francese Alain Juppé ha esortato ad intensificare la pressione militare sul regime «perché, tenuto conto della personalità di Gheddafi, non capirà che questo, cioè la forza». Camporini invece non pensa che sia necessario. «
Basterà andare avanti così senza mollare. Gheddafi ha una forza militare significativa e soprattutto ha riserve immense in termini di armi e munizioni. Negli anni della Guerra fredda aveva accumulato un arsenale gigantesco. Era talmente sproporzionato, il suo arsenale, fatto di migliaia di carri armati e migliaia di pezzi di artiglieria, per una popolazione di tre-quattro milioni di abitanti, che i nostri analisti pensavano ci fosse dietro l’Unione Sovietica che preparava le forze in vista di una possibile Terza guerra mondiale e l’apertura di un secondo fronte contro l’Europa nel deserto. Ora quell’arsenale va demolito, un pezzo alla volta».

E a che punto siamo? «Si procede. Ma siccome operiamo con un’attenzione spasmodica a evitare vittime innocenti, ecco che i risultati arrivano lentamente. Ovvio che se ci muovessimo in modo massiccio e senza scrupoli, ma grazie a Dio noi gli scrupoli li abbiamo, non come lui che bombardava il popolo in piazza, avremmo effetti molto più evidenti. Però guardi che, anche operando così come facciamo, con tanta cautela, i risultati stanno arrivando».

A Misurata, in effetti, le cose stanno finalmente cambiando. Le forze di Gheddafi hanno perso il controllo dell’aeroporto e sono state costrette ad arretrare di un bel pezzo. Non riescono più a lanciare i razzi sul centro abitato. «Senza i raid millimetrici delle settimane scorse non si sarebbe mai arrivati a questo risultato».

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