PETER GOMEZ
Benché mondana per estrazione, matrimonio e doveri d’ufficio, Letizia Moratti, ha conservato, intatta, una goffaggine celestiale. Si muove nei suoi tailleur, legnosa e fragile, come una fascina secca. Tutto in lei, nonostante la carriera e la destrezza, grida una taciuta timidezza: la parola inceppata, l’umorismo assente, la battuta lenta, il timbro querulo (le sindache hanno spesso quella voce troppo bianca, fra la cavatina del castrato e il cigolio dell’infisso arrugginito).
Quando il mister le ha ordinato di bruciare sul tempo l’avversario dandogli del ladro una frazione di secondo prima del gong, si è sentita a disagio come un tranquillo golfista cui chiedano di sfidare Bolt sui cento piani. Dal green ha provato a protestare: per dire, promettere e baciare, vado bene, uccidere non mi viene. Non fare la donnetta, ha detto il Mister, e la sventurata ha colpito. Ma non ha affondato.
Il Fatto Quotidiano, 15 maggio 2011
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