martedì 10 maggio 2011

LA FASE DUE DI CIANCIMINO E IL NOME DEL MISTERIOSO SUGGERITORE


di Giuseppe Lo Bianco

Ha ammesso di avere avuto da qualche mese un misterioso suggeritore che gli ha fornito una serie di documenti su Gianni De Gennaro, tra cui il foglio taroccato per cui è finito in carcere; ha confessato di essersi impegnato a lasciarlo al riparo dalle indagini, subordinando il suo atteggiamento di lealtà nei confronti dei magistrati al rapporto di fiducia con il mister x; e alla fine, in un lungo interrogatorio di sabato scorso, ne ha fatto il nome ai pm della Dda di Palermo che oggi, in aula a Palermo, nel processo per la mancata cattura di Provenzano proveranno a decifrare pubblicamente il rebus Ciancimino.

LA LUNGA evoluzione delle dichiarazioni di Massimo “il prestigiatore” ha aperto una “fase 2” del tormentato rapporto con la Procura di Palermo del testimone inciampato sul “copia e incolla” del nome di De Gennaro: all’inizio aveva detto di avere visto il padre scrivere quel nome sul foglio consegnato ai pm, poi, una volta scoperto, ha virato sull’improbabile versione di una busta ricevuta a casa in forma anonima e da lui stesso distrutta, infine, sabato, è crollato e ha fatto il nome del misterioso suggeritore che da mesi gli consegna documenti da portare in procura.

Un suggeritore incontrato per la prima volta il 21 aprile dello scorso anno a palazzo Steri, sede del rettorato palermitano, in occasione della presentazione del suo libro Don Vito, e sul quale adesso si è concentrata l’attenzione investigativa per capire se quella di Ciancimino è una nuova bufala, oppure l’avvio di un nuovo capitolo delle indagini sulla trattativa tra mafia e Stato. E se il “suggeritore” sarebbe comparso la prima volta un anno fa, gli incontri con Massimo sarebbero stati numerosi nel corso degli ultimi mesi, nei quali si sarebbe intensificata la consegna di materiale sugli esponenti del cosiddetto “Quarto livello”, la zona grigia dei contatti tra Cosa Nostra e apparati deviati dello Stato, e in particolare sul ruolo di Gianni De Gennaro. “Erano documenti che confermavano quanto mi aveva detto mio padre”, si è giustificato Massimo Ciancimino, che ai pm avrebbe ribadito tutte le perplessità sollevate sul coordinatore dei servizi segreti (che fu già il collaboratore più prezioso di Giovanni Falcone) il quale sarebbe stato a conoscenza del rapporto tra il generale Mori, Ciancimino e suo padre Vito.

PAROLE CHE OGGI hanno bisogno di una nuova e molto più robusta fase di verifica, dopo il reato di calunnia per il quale è finito in carcere proprio per avere lanciato un’accusa taroccata proprio contro De Gennaro.

Troppi dubbi per i pm che oggi sono chiamati ad interrogarlo in aula cercando di chiarire anche come mai Ciancimino conservava nella sua casa palermitana sia 13 candelotti di esplosivo perfettamente efficiente sia l’archivio delle carte di Don Vito, custodito in una stanzetta mai aperta dagli inquirenti durante le numerose perquisizioni, entrambi fatti ritrovare solo dopo il suo arresto per calunnia.

Un’udienza alla quale ha annunciato la propria partecipazione anche la parlamentare europea Sonia Alfano: “È arrivato il momento di andare oltre i proclami e i ‘sto con Ingroia, sto con Di Matteo’ che vengono certamente dal cuore, ma che da soli non possono più bastare. Per stare con i magistrati iniziamo, quando possibile, ad assistere alle udienze di questo rilievo”.

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