lunedì 16 maggio 2011

La tripla vita (oscura) del prete Le madri: datelo mezz'ora a noi


Andavano a cercarlo di notte. La caccia sadica iniziava in sella ai motorini, giù dai tornanti di Sestri Ponente, e finiva in basso a Sampierdarena, nei locali, o nelle discoteche della prima riviera. All'inizio i ragazzini e i ventenni della sua parrocchia l'avevano beccato per caso, mentre ballava e «si strusciava» coi suoi «amici». Da allora la «caccia al prete» era diventata una sorta di diversivo per le serate di noia. Così la seconda vita di don Riccardo Seppia, 51 anni, arrestato a Genova venerdì scorso, era diventata argomento di scherno e malelingue. L'ironia feroce degli adolescenti gli aveva affibbiato pure un nomignolo d'infamia, una storpiatura cattiva: «Gli amici di mio figlio l'hanno sempre chiamato don ricchiardo», racconta il padre di un 19enne, fuori dalla parrocchia del Santo Spirito in via Calda.


Questa era la doppia esistenza di don Seppia: nel quartiere era straconosciuta, e di per sé avrebbe a che fare solo con la coscienza e la buona condotta del prete. L'inchiesta dei carabinieri ha svelato però l'abuso su almeno un minorenne, l'uso della cocaina come merce di scambio per i rapporti con altri ragazzi. Ecco, nelle intercettazioni non c'è solo la doppia, ma si tratteggia la tripla vita del parroco. Quella che fa dire a una donna: «Datelo a noi, per mezz'ora, solo alle madri. E avrà quel che merita». La parrocchia del Santo Spirito sta incastrata su una salita tutta curve sopra Sestri Ponente, tra decine di palazzoni popolari. Qui da anni (don Seppia era parroco dal 1996) il pettegolezzo si mescola ai timori. Per una donna (testimonianze anonime per non rendere identificabili i ragazzi) la paura è stata una spinta preventiva: «Un po' prima di morire - racconta - mio padre mi disse di togliere mio figlio dal catechismo. I suoi "ospiti" di notte li avevo visti anche io».
Per un'altra madre la paura è diventata un incubo; il suo bambino (13 anni) ha servito messa con don Riccardo. Dice: «L'ho mandato via di casa l'altra sera, è in campagna dai nonni». Parla da uno spiraglio della porta, ha gli occhi rossi. Il suo strazio è questo: «Non ho potuto fare domande dirette a mio figlio, ho provato ad affrontare l'argomento alla lontana, non ho notato niente di strano. Spero di aver ragione».


A momenti, a sentire gli anziani che scuotono la testa sussurrando «impossibile, non ci credo», può sembrare che in questo pezzo della Genova più popolare la storiaccia del prete mangiabambini stia crescendo su se stessa come le leggende medievali. Un uomo però, padre di un ex chierichetto, ha dovuto sottoporsi al supplizio di conoscere la verità (almeno quella dell'accusa).
Qualche mese fa suo figlio riceve un sms da don Seppia: «È tanto che non ti vedo, perché non vieni a confessarti?». Non è l'unico tentativo d'approccio. I carabinieri hanno chiamato l'uomo, per raccogliere la sua denuncia, metterlo al corrente. Lui racconta: «Mi hanno fatto ascoltare qualche intercettazione, ho sentito quel tono di voce così viscido. Ho avuto i brividi». Il ragazzino non si era confidato con i genitori, ma s'è tenuto alla larga dal prete; «è un tipo sveglio», dice il padre.


Di questo parroco alto, magro, calvo e con pochi capelli biondastri sulle tempie, i carabinieri hanno ascoltato le telefonate con un ex seminarista (indagato) piene di commenti sulle «chiappe» di questo, sul «fisico» di quell'altro, sul «come me lo farei, ma non ci sta», su quel ragazzo che «era proprio un amore». Raccontano molti abitanti di un uomo rigido, a volte irascibile anche con i più piccoli. Ricordano che al «Gym club», una palestra della zona, aveva fatto molte avances e solo dopo mesi i frequentatori avevano scoperto che fosse un sacerdote. Spiegano che al Santo Spirito si facevano centinaia di comunioni e che invece, da qualche anno, i giovani che frequentano il catechismo si contano su una mano: «I bambini li abbiamo portati quasi tutti in altre parrocchie».
C'è un filo nel passato che sembra riunirsi a questa catena di sospetti. Don Piercarlo Casassa, ex parroco a Recco, in pensione, ebbe don Seppia come curato tra il 1985 e l'89. A proposito del suo arresto, al Secolo XIX ha raccontato: «Non sono sorpreso, mi sembra quasi logico. Avevo assegnato a Riccardo la pastorale dei giovani, me l'aveva chiesto lui. Poi alcuni genitori mi avevano manifestato un disagio, dicevano che con i bambini aveva un atteggiamento morboso. Da allora l'ho tenuto lontano dai ragazzi».

Gianni Santucci
16 maggio 2011

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