lunedì 23 maggio 2011

L’arma segreta

di Marco Travaglio

Povero Cainano, bei tempi quando l’arma segreta era la televendita. Bastava occupare militarmente le tv per qualche sera calunniando gli avversari col consueto allarme rosso rilanciato dagli appositi Vespa, Ferrara, Sgarbi e Minzolingua, e milioni di tele-elettori abboccavano all’amo. Poi provvedevano i Battista e gli altri pompieri della sera a minimizzare sulle gazzette, col decisivo argomento che le tv non spostano voti.

Ora basta che compaiano in tv il suo volto, per non parlare di quelli di Vespa, Ferrara, Sgarbi e Minzolingua, perché i telespettatori se la diano a gambe. “2011: fuga da B.”.

Eppure, come il vecchio guitto che, a fine carriera, nei teatrini di provincia, prova a strappare l’ultima risata con la gag di repertorio, il pover’uomo batte e ribatte sempre sullo stesso tasto: né lui né i trombettieri di corte riescono più a inventarsi nulla di nuovo.

Miseramente fallito il tentativo di gabellare Pisapia per un brigatista, lui evoca l’emergenza zingari e riesuma l’espressione “falce e martello”, in grado di appassionare alcuni reduci delle guerre puniche.

Sul Giornale zio Tibia, caduto in disgrazia, tenta di risollevarsi con titoli come “Milano non diventerà la Stalingrado d’Italia”.

Il sempre pacato Luigi Amicone, su Tempi, sostiene che Pisapia è “l’Anticristo”.

Ma il meglio viene da Libero: “Pisapia farà di Milano la Mecca dei gay”, “Aborto e fine vita: allarme tra i cattolici”, “Il dj Red Ronnie: se vince la sinistra me ne vado via” (sai che perdita). Belpietro, poi, annuncia la svolta: “L’arma segreta di Silvio. Su incarico di Berlusconi e Bossi, il ministro Calderoli sta preparando ‘una grossa sorpresa che cambierà l’atteggiamento dei milanesi sul ballottaggio’, ma si rifiuta di svelarla”.

Si vede che fa ridere persino lui.

Ecco, se mancava un ingrediente al crepuscolo degli dei, è arrivato: l’arma segreta. La vagheggiò per primo Napoleone a Sant’Elena, prima di mancare all’affetto dei suoi cari. E l’annunciò Adolf Hitler, che ne aveva incaricato il dottor Speer, poco prima di saltare in aria nel suo bunker.

Ne parlano anche, tra alambicchi e cervelloni elettronici, “Totò e Peppino divisi a Berlino”, ma i loro discorsi suonano terribilmente seri al confronto di quelli di Calderoli e Belpietro. Se il dottor Speer del Cainano è Calderoli, in arte “Pota”, potete ben immaginare com’è ridotto il centrodestra.

Di armi segrete, il dentista di Bergamo Alta inopinatamente scambiato per ministro della Repubblica, è un vero esperto. Un giorno a Pontida, per sventare l’avvento dell’euro, s’inventò il tallero padano, detto anche “il calderolo”. Poi si inerpicò fino alla baita di Lorenzago del Cadore, in compagnia di altri costituzionalisti del suo calibro (D’Onofrio e Brancher), per riformare la Costituzione fra un grappino e una polenta taragna (la “devolution” fu poi spazzata via dagli elettori).

Alla vigilia delle elezioni del 2006, il cavadenti lumbard sfornò la più indecente legge elettorale della storia dell’umanità, da lui stesso ribattezzata “porcata”, poi sfoderò un’altra formidabile arma segreta: al Tg1, dinanzi a uno sgomento Mimun, si aprì la camicia per mostrare al mondo una canotta con vignetta anti-Maometto, che nel giro di 48 ore provocò una strage al consolato di Bengasi e le sue immediate dimissioni da ministro delle Riforme.

Un’altra volta, a riprova della sua virilità, si mise in giardino alcuni leoncini, che subito lo azzannarono agli arti inferiori, dimezzandogli il QI.

Poi divenne ministro della Semplificazione legislativa e apparve con gli occhi spiritati a favore di telecamera mentre, armato di lanciafiamme, bruciava un cumulo di carte: “Sono 375 mila leggi inutili”, annunciò trionfante.

Si scoprì poi che l’Italia, fra leggi utili e inutili, non supera quota 150 mila; ma, nella foga, il piromane semplificatore aveva mandato in fumo anche i decreti di annessione all’Italia del Veneto e del Granducato di Mantova.

Resta da capire quale nuova arma segreta abbia in mente, ma l’uso che ne farà è praticamente scontato: si sparerà sui piedi.

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