venerdì 13 maggio 2011


LUCIA ANNUNZIATA

E se invece del «metodo Boffo» fosse il metodo Donald Trump?

Sul caso Milano - perché di questo parliamo - temiamo che si sia dato un giudizio troppo frettoloso. La maggioranza del centrosinistra e alcune voci nel centrodestra, incluse quelle notevoli a diverso titolo di Bossi e di Ferrara, sostengono che l’attacco della Moratti allo sfidante Pisapia sia stato un passo falso.

Un passo falso che sarà pagato dalla stessa Moratti. In realtà, negli scontri in condizioni di intensa personalizzazione la tattica che funziona di più non è quella della verità, ma del verosimile; è la insinuazione di un dubbio storicamente ed emotivamente credibile sul carattere e la personalità dell’avversario.

Un esempio dell’efficacia di questa tattica ci è passato sotto gli occhi proprio di recente, offertoci dalla politica americana.

Quanti credono che Barack Obama non sia nato negli Stati Uniti? Pochi, dicono i sondaggi. E quanti credono che Donald Trump sia un credibile candidato come Presidente Usa? Ancora meno, ci dicono sempre i sondaggi. Eppure è bastato che questo non credibile aspirante politico ripetesse insistentemente un’assurda domanda (ma Obama è americano?) per obbligare la Casa Bianca a dare spiegazioni nel pieno di una guerra in Libia e alla vigilia dell’attacco al più ricercato terrorista mondiale, Bin Laden.

Ora, se questo è il risultato di un dubbio surreale, quanto più dannosa per una campagna elettorale può essere un’accusa con un semi-fondamento di verità, lanciata da una persona che di solito è credibile? La risposta è una sola: molto, molto dannosa. Non a caso anche ieri il sindaco Moratti non ha cambiato la sua posizione, e ha incassato anche la solidarietà del premier. In sostanza, infatti, la prima signora di Milano ha ottenuto esattamente quello che voleva - definire sotto una diversa luce la biografia di Giuliano Pisapia, raccontarlo in rapporto ad altri anni e altre idee, terremotando così la narrativa pubblica da lui scelta per se stesso in questa campagna. Un’operazione efficace soprattutto per quella fascia che balla nelle elezioni milanesi, cioè i moderati. A loro si è rivolto apertamente il sindaco: «La mia esperienza di manager, la mia famiglia confermano ampiamente che sono una persona moderata, a differenza di Pisapia che dalla Corte di Assise è stato giudicato responsabile di un furto di veicolo che sarebbe servito per il sequestro e il pestaggio di un giovane. È stato giudicato responsabile e amnistiato. L’amnistia non è assoluzione».

C’è molto da leggere in questo tipo di appello. In tutti i casi di elezioni dal risultato molto incerto, qual è Milano, è sempre il consenso dei moderati che balla, la fascia di mezzo più pragmatica, meno ideologica, dell’elettorato che può considerare di spostare il proprio voto. La mossa del sindaco Moratti può dunque essere letta anche come un indiretto riconoscimento della forza di Pisapia, un segno evidente di nervosismo da parte del Pdl. E tuttavia ci sono pochi dubbi che oggi, a poche ore dalle elezioni, la campagna elettorale ha preso un diverso percorso - Pisapia è stato messo in difensiva, deve spiegare, deve contestualizzare. E, qualunque sia la spiegazione che offre, un episodio che nessuno ricordava più è uscito dal suo passato. Oggi per molti moderati l’avvocato Pisapia, con i suoi modi di bravo ragazzo, la sua cultura e la sua cortesia, si è trasformato in uno che ha fatto comunque quattro mesi di carcere in connessione con atti terroristici.

Altro che errore. La gaffe di Letizia ci appare un ennesimo capolavoro della comunicazione della scuola di Silvio Berlusconi.

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