di Marco Travaglio
“Io non avrei mai dato credito a chi collabora a distanza di 17 anni come Ciancimino jr”: è la frase che, secondo il sito di Vanity Fair, avrebbe pronunciato ieri Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, in un incontro senza telecamere con 400 studenti della Statale.
Frase piuttosto bizzarra. E non perché Ciancimino vada preso per oro colato. Ma perché la frase sembra denotare per lo meno una scarsa conoscenza dei fatti.
Ciancimino non “collabora” con la giustizia, infatti non è mai stato associato a un programma di protezione né l’ha mai chiesto.
Non si è mai “pentito” di nulla, non ha mai confessato reati, anzi ha sempre negato quelli che i giudici gli hanno affibbiato condannandolo in primo e secondo grado per aver riciclato il tesoro del padre.
Ha, questo sì, raccontato il proprio ruolo di postino nella trattativa fra il Ros e don Vito, e l’ha confermato anche quando i pm l’hanno avvertito che, con quel racconto, sarebbe stato incriminato per concorso esterno in associazione mafiosa visto che la trattativa rafforzò Cosa Nostra.
Insomma è il classico testimone imputato per reati connessi e, come tale, non ha l’obbligo di dire la verità. Ma, siccome certe cose le ha certamente viste e sentite (era accanto al padre durante la trattativa e poi fino alla morte nel 2002), quel che racconta è interessante, anche se va verificato punto per punto.
Con questo spirito i pm di Palermo han cominciato a sentirlo sul suo ruolo nella trattativa quando lui la raccontò per la prima volta nel
Dice
A dire il vero, ha parlato quando gliel’hanno chiesto. Chi può dire se non avrebbe parlato prima, ove mai l’avessero interrogato prima? E poi, in Italia, l’azione penale è obbligatoria. Se un testimone, un dichiarante, un pentito, un passante rivela un fatto illecito risalente ad anni prima, il magistrato verifica se il reato è prescritto, ma nel caso non lo fosse, è obbligato a indagare. Proprio come nel caso della trattativa, che vede i protagonisti indagati per mafia e attentato a corpo politico dello Stato: la prescrizione è di là da venire, dunque si indaga anche a distanza di 17 anni.
È quel che fanno varie Procure, non solo Palermo, ma anche Caltanissetta, Roma e Firenze coordinate dal procuratore nazionale Grasso, che hanno interrogato Ciancimino ciascuna per le proprie competenze (stragi del '92 e '93, trattative, omicidio Calvi, delitti “minori”). A volte han trovato riscontri alle sue parole e le hanno utilizzate processualmente. A volte non li hanno trovati, trattandosi di racconti de relato o troppo indietro negli anni, e hanno lasciato perdere pur senza dare del bugiardo al dichiarante (non è detto che una parola non riscontrata sia falsa).
Poi i pm nisseni e palermitani hanno ritenuto false e calunniose le accuse di Ciancimino a De Gennaro: i primi l’hanno indagato, i secondi l’han fatto arrestare.
Del resto non s’è mai visto un magistrato che, quando un testimone gli racconta qualcosa di inedito su un delitto, lo caccia a pedate perché è passato troppo tempo. Quando Stefania Ariosto nell’estate '95, prima alla Finanza e poi alla Procura, raccontò la corruzione al Palazzo di Giustizia di Roma cui aveva assistito negli anni ‘80,
1 commento:
A dir poco sorprendente questa dichiarazione attribuita a Ilda Boccassini.
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