venerdì 6 maggio 2011

Risposta di Obama a Faenza



di Furio Colombo

Caro Roberto Faenza, ho letto con estremo interesse la Sua lettera inviata dalla prima pagina del Fatto Quotidiano di ieri al presidente Obama. Lei l'ha scritta senza essere stato in Pakistan e io le rispondo senza essere stato a Washington, perché siamo entrambi grandi viaggiatori, buoni conoscitori di entrambi i Paesi e – presumo – con gli stessi sentimenti verso gli Stati Uniti e il suo presidente. Conosco un’abitudine di Obama: risponde per punti ai promemoria dei suoi collaboratori, in modo da evitare coinvolgimento emotivo. Proverò a imitarlo.

1) "La prima cosa che balza agli occhi a chi di queste cose si intende è che, se veramente si fosse voluto catturare e non ammazzare il capo di al Qaeda sarebbe Stato fattibile", lei scrive. Qui forse c'è una divaricazione di esperienze. Io non ho mai partecipato a una cattura. Lei è un regista famoso e le riesce facile immaginare dove mettere la camera, le luci e quello straordinario autenticatore che è il tecnico del suono. Però, come lei sa, dal bandito Giuliano in avanti anche noi in Italia, patria del grande Cinema, abbiamo avuto difficoltà con i fatti veri, i cadaveri veri e gli assassini veri, E siamo andati avanti così fino ad Aldo Moro. Mauro De Mauro è scomparso nel buio proprio mentre era parte del film di Francesco Rosi e l'intera troupe era pronta. Vorrei dire a nome di Obama che può accadere, in circostanze un po' arrischiate, di andare con un progetto e tornare con un altro.

2) Lei, Faenza, dice al presidente Obama: "Non sarò io a dirle quante volte l'intelligence ha mentito ai presidenti e all’opinione pubblica. Basterebbe ricordare il Watergate o il rischio di una terza guerra mondiale al tempo della Baia dei Porci". Mi permetta di precisare. Il caso Watergate è uno dei grandi successi della giustizia americana che noi, nell'epoca di Berlusconi, possiamo rimpiangere e sognare. Nel corso dell’intera indagine sulle malefatte del presidente Nixon, è stato costantemente il presidente a mentire, e gli Implacabili procuratori, pur essendo nominati dall'esecutivo (cioè dal ministro della Giustizia del presidente) non hanno mai mollato la presa, non hanno mai interrotto le indagini, fino al punto da incriminare lo stesso ministro della Giustizia che li aveva nominati, subito prima di arrivare a Nixon. Tutto è stato rivelato del Watergate e non ci resta che sperare anche in Italia che ci sia un giorno così. Quanto alla Baia dei porci, nel suo testo c'è uno scambio di eventi. L'evento che ha messo in pericolo la pace – salvata da Kennedy – è stata la decisione di Kruscev di portare testate nucleari a Cuba, 90 miglia dalle coste americane. Nel primo caso (Baia dei porci) si trattava di un atto illegittimo contro Fidel Castro, organizzato da Nixon e scattato quando Kennedy era presidente da poco. Il personaggio che ha posto fine a quell'attacco impedendo ogni copertura militare Usa e rendendo possibile per i cubani catturare gli invasori, è stato Arthur Schlessinger, lo storico, allora consigliere politico di John Kennedy. La crisi dei missili si conclude con la pace, non con la guerra. Kennedy ha impedito ai suoi generali di armare le testate nucleari americane come ritorsione contro l'avvicinarsi delle navi russe. E ha persuaso Kruscev a fermare le sue navi in cambio dello smantellamento di una base americana in Turchia. È stato uno dei momenti esemplari nella storia del mondo su come si evita una guerra salvando la faccia all'avversario senza mai trattarlo da nemico.

3) Sulla mancata sepoltura di Osama diciamo che non sappiamo nulla, se non la motivazione della strana conclusione. La motivazione è impedire la nascita di un luogo sacro, di un simbolo incontrollabile. Scusa infondata? Che i simboli siano forti e possano mobilitare oceani di folla lo dimostra un evento durante la beatificazione di Giovanni Paolo II: l'ampolla del sangue tratta dal materiale clinico di un ospedale romano è stata presentata alla folla come reliquia. Ma per tornare a quel funerale mancato, vorrei rassicurarla: a differenza che in Italia, i segreti non durano a lungo, negli Stati Uniti. C'è sempre un soldato che rischia la prigione per rendere pubblici documenti impossibili. Lei dice: "Le scene di gioia osannanti per le strade americane suonano sinistre". Forse può essere utile ricordare l'immagine degli aerei carichi di passeggeri e gettati contro le torri di New York, in cui in tremila hanno perso la vita nel più spaventoso dei modi, cioè – molti di essi – restando in attesa della morte certa. Ricorda i corpi che volano per molti secondi nel vuoto, alla ricerca folle di una fuga? Però pensi che cosa scrive oggi (5 maggio) al New York Times Robert Klitzman, professore di Psichiatria clinica alla Columbia University e fratello di Lucy Klitzman, una delle vittime: "Quando ho visto quell'orrore mi sono chiesto ‘perché ci odiate tanto?’. Col tempo sono riuscito a dirmi che il potere troppo grande, l'avidità di imprese che decidono la vita di tutti, nel mondo, col sostegno che abbiamo dato in passato ai peggiori dittatori, compresi quelli appena abbattuti in Nordafrica, hanno contribuito a generare valanghe di odio. Stiamo cambiando? Se sì, persone innocenti come mia sorella Lucy non dovranno più pagare con la vita".

4) Lei si domanda "chi sarà colpito next", immaginando un opportuno e rapido assassinio di Gheddafi, da parte della Cia, per mettere al sicuro Berlusconi e i suoi segreti. Le sue conclusioni sono due. Una è che Osama sia stato ucciso perché "poteva parlare" sui suoi rapporti con gli americani. Non è un po' strano, a meno di affermare che gli americani si sono fatti tutto da soli, morti e Torri gemelle incluse? L'altra è di immaginare che Obama e Berlusconi siano persone dello stesso tipo, gente con brutti segreti da nascondere, se necessario, con l'aiuto della Cia. Ecco una cosa che non farei. Mai dimenticare che una vera folla di deputati e senatori italiani si sono accalcati per votare il patto-legame con Gheddafi, da destra e da sinistra, e che nessuno di loro ha mai detto, neanche ora, di volerlo cancellare. Qualcuno ricorderà che sono rimasti fuori (fuori votando no) solo i radicali del Pd e pochi altri. Possiamo aggiungere che i volonterosi del voto di omaggio e di gloria a Gheddafi hanno anche ottenuto inviti, premi, onorificenze, con solenni cerimonie a Tripoli. E adesso litigano sulla mozione parlamentare che farà fare miglior figura all'Italia in guerra. No, non accosterei due mondi incomunicabili.

5 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Come dire: ognuno faccia il suo mestiere, per non correre il rischio di dire o scrivere fesserie.

Francy274 ha detto...

Infatti, Furio Colombo fa il suo mestiere, ma... colgo ampiamente i sempre giustificati appigli che assolvono gli USA da ogni sospetto.
Già, perchè gli islamici ci odiano tanto? Eppure noi siamo così buoni verso di loro. Poetico Colombo.
Punti di vista, se così non fosse cosa ne sarebbe mai della già tanto martoriata democrazia?

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non puoi negare che Furio Colombo sia un grande giornalista. Ha passato negli U.S.A. moltissimi anni come corrispondente, conosce certamente meglio di Roberto Faenza gli Stati Uniti, è di sinistra sinistra, se preferisci di sinistrissima. Che diamine, non lo si può accusare di partigianeria.
Roberto Faenza è un bravo regista, che faccia il suo mestiere. Anche coloro che fanno egregiamente il proprio mestiere possono sbagliare e non mi riferisco a Furio Colombo ma a Ilda Boccassini che Marco Travaglio nel suo ultimo articolo di ieri ha robustamente contestato, richiamando alla sua di lei memoria che acquisì prove testimoniali di fatti del 1980 e perseguiti vent'anni dopo, contestando le affermazioni di Ilda la rossa che lei Ciancimino jr. non lo avrebbe mai preso in considerazione perché parlava 17 anni dopo. Una figurella da non poco della pur validissima Ilda, i suoi colleghi di Palermo non hanno replicato. Bravi!

Francy274 ha detto...

Come ben dici, anche le persone che svolgono egregiamente il proprio mestiere possono sbagliare. Bravo Marco, concordo con Lui.
Una persona in gamba si può contestare quando non se ne condividono i pensieri o le azioni, nel massimo rispetto naturalmente.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Naturalmente!