giovedì 26 maggio 2011

Romiti: "Giuliano vero moderato Milano reagirà all'imbarbarimento"

ALBERTO STATERA

Dottor Cesare Romiti, lei conosce l'avvocato Pisapia?

"Certo che lo conosco. Come conoscevo bene suo padre, che era uno dei più grandi avvocati milanesi".

E le sembra un pericoloso estremista?

"Ma per carità! Quando frequentavo lo studio di suo padre una volta Giuliano mi accompagnò in tribunale e allora parlammo a lungo".

E che impressione ne ebbe?

"Mi sembrò già da allora il prototipo vivente del moderato. Un signore per bene, educato, gentile, pieno di cortesia, colto. Un buon borghese di tradizione milanese".

Lei pensa che se sarà eletto sindaco di Milano farà Zingaropoli, come dicono Bossi e Berlusconi, e butterà le bombe carta con quelli dei centri sociali?

"Ma non mi faccia ridere. Non credo proprio".

Svenderà Milano a drogati, froci e femminielli, come preconizza l'inclito sottosegretario Giovanardi?

"Figurarsi. Vuol sapere come stanno le cose? A Milano si stanno confrontando due veri moderati. Conosco Letizia Moratti anche meglio di Giuliano Pisapia. L'ho vista lavorare in Rai quando io ero in Fiat. E' una donna seria, ambiziosa, dedita al lavoro. Non pensa ad altro. Ma ha anche una magnifica famiglia. I toni di questa campagna elettorale mi sembra non le appartengano e spero proprio che in questi ultimissimi giorni prima dei ballottaggi si ritrovi un po' di serenità".


Veramente la Moratti ha accusato l'avversario del furto di un'auto per commettere ulteriori nefandezze.

"Temo che entrambi, Moratti e Pisapia, siano stati vittime dei loro entourage e delle tensioni fortissime tra i partiti. Per la verità, Letizia un po' di più. Ne è nata la peggiore campagna elettorale che io abbia mai visto. Aspra, povera di contenuti, indegna di una città civile come Milano".

Più che della città si è parlato dei "magistrati brigatisti" e "cancri" della democrazia, come se tutto il mondo girasse intorno ai processi di Berlusconi.

"Certo non è stato un bello spettacolo. Vedere poi quegli scalmanati tifare di fronte al palazzo di giustizia in difesa di Berlusconi. Non è questo quel che serve a una città che, a parte gli stereotipi, è nobile, piena di tradizione, vitale".

I leghisti, i berlusconiani e persino i cattolici di Formigoni e di Cl dicono che se Pisapia sarà eletto sindaco farà la moschea più grande d'Europa, che diventerà l'acqua di coltura del terrorismo islamico.

"Ma via, perché non si dovrebbe fare una moschea a Milano? Fino a prova contraria c'è libertà di culto in questo paese, non si possono costringere migliaia di islamici che pagano le tasse e contribuiscono al Pil nazionale a pregare all'aperto in via Jenner o in piazza Duomo. E' un fatto di civiltà. Io abito tra Milano e Roma, passo spesso davanti alla moschea di Forte Antenne. Esiste ormai da tanti anni e non ha mai creato problemi. Anzi".

Dottor Romiti, lei sta dicendo che il mitico riformismo meneghino è ormai il ricordo di un antico passato, che ha lasciato spazio a una politica politicante fatta di risse para-ideologiche, di potere per il potere e non di concretezze, in un paese in crisi che ne avrebbe sommo bisogno?

"Mi sono chiesto spesso e mi chiedo che cosa direbbe Indro Montanelli di fronte allo spettacolo cui stiamo assistendo. Ancora più grave in una città come Milano, ricca di cultura, di intellettuali, di icone della moda".

Certo non si turerebbe il naso. E Enrico Cuccia, con il quale lei aveva un rapporto stretto? Che cosa direbbe Cuccia?

"Forse direbbe quello che mi disse quando camminava piano piano in via Filodrammatici e fu assalito da quelli di "Striscia la notizia". Io lo vidi subito dopo l'assalto e gli chiesi: "Ma lei, professore, che cosa pensava quando la inseguivano con la telecamera?" E lui: "Vuole la verità? Guardavo per terra per evitare di inciampare e finire lungo"".

Adesso rischia di finire lunga Milano, persa in una rissa di lavandaie fomentata dai La Russa e dalle Santanché di turno.

"Altri tempi quelli di Cuccia e anche di altri grandi uomini che ebbero a che fare con Milano, come Ugo La Malfa e Bruno Visentini. Certo l'immagine di Milano che esce in questi giorni non è più assimilabile a quella delle grandi città europee, come Monaco di Baviera o Barcellona".

Questo clima è il segnale della fine di un'epoca politica durata ormai 18 anni, da quando scese in campo Berlusconi?

"Siamo di fronte a un imbarbarimento della politica. Ma di una cosa sono contento".

Di cosa, dottor Romiti?

"Del fatto che i milanesi hanno reagito, hanno dimostrato che non intendono farsi umiliare da battaglie di questo tipo. Tendono a fregarsene dei partiti e fanno bene".

E' tornata in campo anche la cosiddetta borghesia illuminata milanese con il Gruppo 51, promosso da Piero Bassetti e da un gruppo di professionisti, economisti, intellettuali, imprenditori.

"I borghesi di Milano per la verità hanno dormito per un bel po' di tempo. Se adesso si sono svegliati e tornano in campo, è un buon segno, di cui sono lieto".

Quali effetti nazionali prevede, dottor Romiti, dall'esito di queste elezioni? E' davvero la premessa della caduta del governo Berlusconi?

"Vuole saperlo? Sono talmente disgustato nel vedere questo paese degradato e imbarbarito dalla politica che avrei voglia di dire: non me ne frega niente. Ma non lo dirò perché le sorti dell'Italia mi stanno a cuore".

E invece?

"Invece ai miei amici che votano a Milano dico: votate per quel candidato che meglio risponde alle aspettative di questa città, cui io devo molto. Quanto al ciarpame che c'è intorno dico loro come diceva Enrico Cuccia: "Futtitenne!"".

a.statera@repubblica.it

(26 maggio 2011)

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