lunedì 27 giugno 2011

I sotterranei del potere


Quasi vent'anni fa, la procura di Milano condusse l'inchiesta Mani pulite. Solo dopo aver scoperto molti episodi, provati da contabili bancarie e confessioni, azzardò l'affresco di Tangentopoli. Nel 2011, la procura di Napoli annuncia il tema del nuovo affresco, un'associazione volta a distorcere le decisioni di organi costituzionali, ma ancora non riesce a disegnarlo bene. E così l'affaire Luigi Bisignani-P4 rischia di inquinare ulteriormente la politica e gli affari mentre la Seconda Repubblica volge al tramonto.

Nel vortice delle intercettazioni, i fatti sembrano perdere peso a favore dei sospetti. Si dà credito a Bisignani che accusa il capo delle Fs di voler penalizzare un produttore di freni quando Mario Moretti ha contestato e dequalificato la Italian Brakes, e ha vinto le tre cause intentate da questo fornitore. Le battaglie della finanza, nate dai bilanci che non vanno, cedono il passo alle trame occulte, spacciate come l'iper realtà del potere.

Prendiamo la defenestrazione di Alessandro Profumo da Unicredit. Ha cambiato gli assetti dell'alta finanza italiana. Ma qui tutto sembra ridursi a una congiura ordita chez Bisi da Fabrizio Palenzona (per quanto di lui, vicepresidente di Unicredit, le carte dicano poco e in modo indiretto) e da Enrico Tommaso Cucchiani (e di lui, capo delle assicurazioni Allianz, le carte dicono assai). Nell'inchiesta napoletana e nella sua vulgata, scompare la crisi dei conti della banca. E finiscono sullo sfondo gli interventi a protezione del banchiere, tentati da Giulio Tremonti, ministro dell'Economia certo non amico del faccendiere romano, e da Cesare Geronzi, allora presidente delle Generali che invece, secondo la Guardia di finanza di Napoli, era interlocutore privilegiato del Bisi. Dov'è la realtà e dove la finzione, si chiederebbe Borges? Quando tratta il dopo Profumo, Bisignani pontifica, ma dimostra di non conoscere nemmeno i due banchieri dei quali si parlava, Andrea Orcel e Federico Ghizzoni, il prescelto che non dispiace nemmeno al predecessore.

Resta il fatto che da questo intrigante signore, potente ma anche millantatore, allievo in gioventù di Licio Gelli e Giulio Andreotti, molti andavano a conferire. Perché? Nell'Italia dei nominati, chi intermedia il principe esercita un'influenza, di cui amici e avversari non possono non tenere conto se vogliono fare e non soltanto predicare. E adesso ci si chiede quali conseguenze avrà l'improvviso declino dell'intermediario. Nell'economia pubblica più intrecciata al berlusconismo, certe posizioni sono meno sicure di ieri. La reputazione conta anche in Eni, Enel e Finmeccanica. Nell'economia privata, invece, la cosiddetta P4 aveva già perso la sua partita con il licenziamento di Geronzi dalle Generali. Ed è da questi fatti, pesanti come pietre, che si dovrebbe partire per distinguere nelle parole del Bisi le notizie vere dalla disinformazione inquinante. E per costruire, oltre l'Italia delle consorterie, un Paese di uomini liberi e forti e non di tremebondi nominati.

Massimo Mucchetti
27 giugno 2011

Nessun commento: