giovedì 2 giugno 2011

LA LEI ASPETTA LA CASSAZIONE PER SANTORO

di Carlo Tecce

Lorenza Lei avanza a carte coperte. Ascolta con attenzione le proposte dei direttori di rete, convocati in Consiglio di amministrazione per i palinsesti autunnali, annuisce e rinvia. Come previsto. E seguendo un canovaccio preciso, tiene dentro i programmi in bilico per via dei contratti (vicini al rinnovo) di Fabio Fazio, Milena Gabanelli e Giovanni Floris.

Poi il Cda, in forma ufficiosa, ricorda che c'è una scadenza in calendario, forse decisiva per il destino di Annozero. Con quasi due anni di anticipo, su sollecitazione dell'ex dg Mauro Masi, mercoledì prossimo la Cassazione si pronuncerà sul ricorso Rai contro il reintegro di Michele Santoro nel servizio pubblico. Terzo e ultimo atto di un contenzioso che si trascina dai tempi dell'editto bulgaro (2002): “L’Otto giugno, vero? Vedremo”, dice Antonio Verro, consigliere berlusconiano.

L'editto bulgaro infinito che, per strategia di viale Mazzini, incatena Santoro all'azienda e viceversa.

Nonostante Annozero migliori ascolti e ricavi pubblicitari, i dirigenti Rai lasciano al giudizio della Cassazione la linea editoriale su Santoro: se il ricorso dell’azienda viene respinto, tutto resta uguale; in caso contrario, la porta è quella. Santoro è considerato un obbligo giudiziario anziché una risorsa. E dunque, senza vincoli, cade Santoro con Annozero.

Non c'è spazio per nuove idee e nuove proposte, per il giornalista l'alternativa è andare via: collaboratore esterno, passaggio a La7, chissà. Oppure la Rai dovrà annunciarsi senza il ventriloquo in Cassazione, il presidente Garimberti e il direttore generale Lei devono scegliere: o Santoro è una ricchezza o è un peso. Troppo per oggi. Meglio attendere la Cassazione, il blocco palinsesti e il pacchetto nomine (ben 35 poltrone da muovere e far ruotare con cautela). Piccolo segnale: la Lei non vuole una conferenza stampa di Rai2 con Santoro prevista per il 7 giugno.

Proprio per recuperare lo spirito di gruppo, come nei migliori ritiri del Milan, martedì sera Silvio Berlusconi aveva apparecchiato per sei a Palazzo Grazioli, in agenda una cena con i 5 consiglieri di maggioranza: i berlusconiani Alessio Gorla, Antonio Verro, l'ex finiano Guglielmo Rositani, la leghista Giovanna Bianchi Clerici e il tremontiano Angelo Maria Petroni.

La regola d'ingaggio era semplice: “Se ci scoprono , salta tutto”. Perché il Cavaliere aveva appena annullato l'ufficio di presidenza del Pdl per officiare la tavolata.

In ballo la sostituzione di Mauro Mazza a Rai1, Massimo Liofredi a Rai2 e magari di Paolo Ruffini a Rai3, e poi la direzione risorse umane, il personale, la struttura intrattenimento, il Tg2 e ancora sino a 35 posti di potere.

Uno dei cinque consiglieri invitati ha presieduto. Non Antonio Verro, amico di B. dai tempi di Edilnord: “Io ero con un amico. Certo che la nostra compattezza in Cda va recuperata”. E il Cavaliere voleva provare a motivare i suoi per l'infornata di nomine. Ma ultimamente perde anche i commensali.

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Nulla di nuovo sotto il sole! Almeno fino ad oggi uno schifo totale. Misterioso, come sempre, il ruolo di Paolo Garimberti. Che cazzo ci sta a fare lì? La bella statuina?

Francy274 ha detto...

E' tempo di parlare di piazze e di gente incavolata davvero, troppa moderazione non ottiene risultati con questi sciacalli. Le urne non ci daranno alcuna svolta ma un bell'esempio di rabbia conccreta si! Più passa il tempo e più me ne convinco!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Male non farebbe una protesta corale lungo tutto lo stivale. Ma io temo che l'arroganza di questi signori si coniughi indissolubilmente alla loro determinazione. Non li schioda nessuno!