sabato 11 giugno 2011

Non punire gli onesti

Siamo arrivati al paradosso che un governo teme le manifestazioni indette dai partiti che compongono la sua stessa coalizione. L'effetto Pontida si spiega così. Per evitare che il popolo leghista faccia prevalere lo spirito identitario e obblighi i propri leader a prendere definitivamente le distanze da Silvio Berlusconi, Palazzo Chigi si è messo ad annunciare provvedimenti. Si tratti dell'apertura di uffici di rappresentanza ministeriale al Nord o della delega sulla riforma fiscale resuscitata ieri, la qualità è diversa ma l'obiettivo è lo stesso. Rabbonire la «piazza verde» e tentare di riconquistare gli elettori delusi. Anche nella Prima Repubblica con i governi a conduzione democristiana accadeva qualcosa di simile ma in quegli anni l'obiettivo era disinnescare l'iniziativa dell'opposizione, nella doppia forma dello sciopero generale dei sindacati e/o del corteo della sinistra.

Quali che siano i rebus politici da risolvere, il premier ha comunque imposto che nell'agenda del governo rientrasse la riforma fiscale e ha assicurato che l'impegno sarà compatibile con gli obblighi europei in materia di correzione dei conti pubblici. È chiaro che entro l'estate il governo varerà tutt'al più la delega e che per arrivare all'approvazione in Consiglio dei ministri di vere misure operative bisognerà attendere almeno la fine dell'anno. Ma il vero nodo da sciogliere sta non tanto nei tempi quanto nel merito della riforma che, come il ministro Giulio Tremonti ha ribadito in decine di interventi pubblici, dovrà essere a gettito invariato. I tecnici, dunque, saranno chiamati ad operare con perizia chirurgica per poter tagliare le aliquote Irpef anche di un solo punto e in ogni caso avranno portato a casa solo il primo tempo dell'operazione. Il secondo prevederà giocoforza l'eliminazione di tutta una serie di detrazioni e deduzioni, la cui scomparsa non è indolore specie se dovessero riguardare le spese mediche o le scuole private.

Un'ipotesi che potrebbe dare maggiore spazio di manovra è quella di «diminuire il prelievo alle persone e spostarlo sulle cose», come recita il noto leit motiv del ministro, ma trovare il consenso su questo trasferimento non è facile. È vero che Emma Marcegaglia ha dichiarato di essere favorevole, però la Confcommercio è schierata nettamente contro, e persino alcune categorie confindustriali, come la Federalimentare, sostengono che un aumento dell'Iva comporterebbe un'ulteriore mazzata sui consumi. Dai freddi numeri alla politica «calda» il passo è breve e può far correre al centrodestra il rischio di varare una riforma troppo simile a una mera razionalizzazione del prelievo e di conseguenza poco utile ai fini di quel recupero di consenso dei ceti medi sul quale puntano Berlusconi e Umberto Bossi.

Che le contraddizioni in materia fiscale siano all'ordine del giorno lo dimostra anche l'allungamento dei tempi della cosiddetta riscossione coattiva. Grazie ad Equitalia il gettito negli ultimi anni è triplicato rispetto a quando il servizio era svolto dalle banche e sono anche aumentati i fermi amministrativi ovvero il ricorso alle ganasce fiscali. Di fronte alle proteste della rappresentanza delle piccole imprese, in difficoltà per i colpi della Grande Crisi, il governo ha deciso di allungare i tempi di riscossione fino a 180 giorni ed è intenzionato anche a trasferire ai Comuni la gestione delle multe. La misura è stata salutata con favore da Rete Imprese Italia che la giudica come un passo nella giusta direzione e un ristoro per i Piccoli. Resta però senza risposta una domanda: i contribuenti che avevano pagato regolarmente, magari a prezzo di enormi sacrifici, non si sentiranno traditi? E così una riforma ambiziosa come quella fiscale inizia con un'ipocrisia.

Dario Di Vico
ddivico@rcs.it
10 giugno 2011

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