martedì 5 luglio 2011

Congelata la maxi-multa a Fininvest

FRANCESCO GRIGNETTI

Il veleno, si sa, spesso è nascosto nella coda. E nella coda del decreto sulla manovra economica, al ventitreesimo comma del trentasettesimo articolo, sotto il generico nome di «Disposizioni per l’efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie», spunta un codicillo salva Fininvest che permetterebbe al Cavaliere di non pagare, in caso di condanna anche in appello, la maximulta da 750 milioni di euro a beneficio di Carlo De Benedetti. La sentenza di appello del tribunale civile di Milano sul Lodo Mondadori peraltro è attesa in questa settimana. Ed è subito polemica perché la norma appare ritagliata a misura di premier, certo non di gente qualunque.

Il primo a commentare è
Pier Luigi Bersani: «Una cosa del genere, qualora fosse confermata, sarebbe la prova che per tutti gli italiani la manovra sarà un problema e per il presidente Berlusconi una soluzione. Voglio credere che non si insulti il Parlamento trasmettendogli una norma del genere». Il più duro è Antonio Di Pietro: «Anche le azioni criminali hanno un limite per essere credibili, oltre il quale diventano ridicole. Se ci fosse questa norma criminogena, immorale e incostituzionale sarebbe la dimostrazione che il governo ha perso il senso del limite e il senno». A spiegare meglio il riferimento sulla incostituzionalità ci pensa il portavoce dell’Idv, Leoluca Orlando: «Siamo certi che Napolitano vorrà evitare questa ennesima vergogna». Laconico invece il diretto interessato, l’imprenditore dell’altra barricata. «Ho sentito», si limita a dire De Benedetti a margine di un dibattito.

Le modifiche dello scandalo rinviano agli articoli 283 e 373 del codice di procedura civile. Nel primo caso «la sospensione prevista dal comma è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a dieci milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione». Attualmente la cauzione che sospende una sentenza pecuniaria in primo grado era una facoltà concessa al giudice, non un obbligo. Ed era indispensabile valutare il rischio se non si condannasse a morte un’azienda. Stesso meccanismo previsto anche per il secondo grado: «La sospensione prevista dal presente comma è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a venti milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione». Inutile dire che la Fininvest, in caso di sconfitta in appello contro la Cir di Carlo De Benedetti, gradirebbe molto una sospensione del genere: non pagherebbe immediatamente una multa arcimilionaria e potrebbe aspettare l’esito di un ricorso in Cassazione.

La questione ora è sulle scrivanie del Quirinale. L’articolo 37 con il suo bagaglio di sorprese non è passato inosservato, anzi. In proposito si dice: «Il provvedimento è oggetto di attento e scrupoloso esame da parte degli uffici. Come sempre, peraltro. Un esame che investe il testo nel suo insieme, nelle compatibilità e nei collegamenti...». Un commento sibillino che annuncia tempesta.

Violentissime le reazioni. «Determinerebbe una iniqua disparità di trattamento e sarebbe, quindi, incostituzionale», afferma il presidente dell’Anm Luca Palamara.
Enrico Letta è pungente: «E’ il primo banco di prova per il “partito degli onesti”». Contrario anche Italo Bocchino, Fli: «Intervenire a gamba tesa in un processo civile in corso è sempre molto grave, ma lo è ancor più se si fa nell’ambito di una manovra economica che serve a tranquillizzare i mercati internazionali». A difendere la norma si espone solo Enrico Costa, Pdl: «Nell’attuale regime processuale civile - dice - vige il principio dell’esecutività delle sentenze anche non definitive. Tuttavia, in un momento di congiuntura economica particolarmente sfavorevole, si è ritenuto di contemperare il diritto del creditore e le ragioni del debitore quando le somme di denaro da corrispondere assumano dimensioni di rilevante entità».

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