martedì 5 luglio 2011

Dai comitati nessun passo indietro: "I black bloc mascherati siamo noi"

MAURIZIO TROPEANO

Nessuna dissociazione, anzi. I black bloc sono un’invenzione, quello che è successo a Chiomonte domenica è opera del movimento No Tav: sono stati i Valsusini a decidere di dare l’assedio alla «fortezza» e quando «abbiamo provato a farlo siamo stati respinti dalle forze dell’ordine con lacrimogeni. A quel punto ognuno ha scelto come difendersi». Il giorno dopo gli scontri i comitati No Tav inaugurano il nuovo presidio Dora con una conferenza stampa convocata per svelare la «trappola mediatica che ha trasformato la resistenza popolare contro un’opera inutile in guerriglia dei black bloc».

I sindaci No Tav hanno preso le distanze da quegli episodi violenti. I comitati no. Anzi scelgono di rivendicare tutto quello che è successo domenica. Lo fanno l’antagonista Lele Rizzo e il cattolico Gigi Richetto, la comunista Nicoletta Dosio e il grillino Davide Bono. La loro tesi è che migliaia di persone, migliaia di valsusini si sono presentati «a mani nude davanti alle recinzioni e poi si sono difesi». Lo racconta in una lettera Paolo Anselmo, cattolico e vicepresidente dell’associazione nazionale arbitri: «I problemi sono sorti quando le forze dell’ordine, dietro le griglie e il filo spinato sul piazzale, hanno cominciato a sparare gas lacrimogeni ad altezza d’uomo».

Maurizio Piccioni, del comitato Spinta dal Bass, non nega la presenza di ragazzi esterni alla valle, ma «è stata marginale» e comunque «agli arrestati e ai feriti va la nostra solidarietà», aggiunge Dosio. Rizzo: «La nostra responsabilità è quella di non arrenderci. Tutta la valle ha assediato la fortezza».

È una conferenza stampa ma arrivano in cinquanta, valsusini doc, per dar forza alla versione dell’autodifesa. È una rivendicazione collettiva di quello che è successo nei boschi di Ramats o di Giaglione o anche alla centrale elettrica. «Io c’ero, sono di Chiomonte e non sono certo un black bloc», racconta uno dei protagonisti rispondendo alla domanda di un inviato del Secolo XIX. Rabbia e determinazione valsusina sono alle stelle e il giornalista viene contestato, si alza, viene inseguito. Altri giornalisti (Stampa e Repubblica) a quel punto lasciano la conferenza stampa in segno di solidarietà.

Guai a cercare di dividere i No Tav in buoni e cattivi. Davide Bono, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, spiega: «Domenica ho indossato la maschera antigas dopo che mi hanno gasato. Se questo significa essere un black bloc allora io sono un black bloc». Bono contesta anche il Capo dello Stato per le sue esternazioni sulla valle: «Dove è stato in tutti questi anni?». Nel mirino dei cattolici No Tav finisce anche il vescovo di Susa, Alfonso Badini Confalonieri: «Un vescovo che nega la cattedrale ai suoi fedeli è una vergogna - attacca Gigi Richetto -. Ed è una vergogna che un vescovo accetti gli ordini del prefetto di tener buoni i suoi sacerdoti».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Vi sembrano convincenti? Come si spiega la divaricazione fra sindaci e leder del movimento No-Tav? Quant'è ampia la libertà dei sindaci?