martedì 5 luglio 2011

"Io, pestato anche quando ero in barella"

MARCO ACCOSSATO

«Non siamo noi ad aver scatenato la guerriglia, e non siamo noi che colpivamo per uccidere. La verità è che in dieci anni dal G8 di Genova non è cambiato nulla; ci sono reparti di polizia che possono fare quello che vogliono e restano impuniti».

Lancia accuse pesantissime Fabiano Di Berardino, 22 anni, da otto militante del centro sociale di Bologna, ricoverato al Centro Traumatologico di Torino con ulna e radio spezzati, e il naso fratturato.

Su YouTube e in una conferenza stampa convocata in ospedale racconta: «Sono stato massacrato di botte, mi hanno sputato in faccia e persino versato un bicchiere di urina addosso quando già ero steso sulla barella». Parla di una carica violentissima delle forze dell’ordine, prima di finire in quelle condizioni: «Non siamo stati noi a scatenare l’assalto;
noi abbiamo reagito al lancio di lacrimogeni ad altezza uomo». E - soprattutto - parla di violenze mentre aspettava di essere trasportato in elisoccorso al Cto: «A un certo punto ho implorato che la smettessero. Urlavo “basta!” mentre a turno, passandomi accanto, mi colpivano con calci e pugni in faccia».

Di Berardino è il ferito più grave, fra i manifestanti No Tav. «Il medico della polizia teneva lontani gli agenti perché aveva capito la gravità delle mie condizioni e aveva intuito che mi avrebbero ammazzato, se qualcuno non li avesse tenuti a distanza. Ma bastava che il medico si allontanasse anche solo un istante perché qualcuno delle forze dell’ordine venisse verso la mia barella e mi colpisse di nuovo».

E’ così, sostiene Di Berardino, che gli è stato rotto il setto nasale: «Ero in barella, qualcuno mi ha colpito in pieno volto con un tubo da un pollice di spessore. Ripetevano che non meritavo di essere su quelle barelle che dovevano servire a poliziotti e carabinieri, e non a gente come me. Mi hanno tenuto ore sotto il sole. Dicevano che poi mi avrebbero portato in questura anziché in pronto soccorso, e lì mi avrebbero dato il resto». Di Berardino parla di «un gabbiotto dove le forze dell’ordine tenevano le munizioni» e dove l’avrebbero portato, e lì altra violenza. La salvezza, sostiene, è arrivata grazie a Davide, un volontario della Cri: «Mi ha visto in quelle condizioni, s’è avvicinato e ha detto agli agenti che dovevo essere portato subito in ospedale».

La polizia definisce «inventata» la ricostruzione del giovane, «un professionista del disordine da strada». Possono essere volati insulti, ma violenza no. La frattura al naso «è stata riportata prima del fermo, nelle fasi delle ripetute cariche di alleggerimento». E quand’è stato bloccato, Di Berardino «lamentava già forti dolori al braccio fratturato». Il giovane, sottolinea la polizia, ha oltre 30 denunce per fatti analoghi alla guerriglia di domenica: «E’ sempre rimasto in luogo aperto e sotto attenta vigilanza del personale addetto ai soccorsi, senza che mai venisse lesa in alcun modo la sua dignità».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Una sola domanda: ma non avevano i violenti caschi di protezione e maschere antigas di qualità superiore a quelle in dotazione alla Polizia? Qui qualcuno bara!