mercoledì 27 luglio 2011

Liberalizzazione delle armi Scontro in aula sull'idea leghista

ANTONELLA RAMPINO

La fonte, estremamente autorevole per l’esperienza tecnica in materia, lo dice che più chiaro non si può: «Se passa quell’emendamento, i fatti di Oslo diventeranno possibili anche in Italia». Quasi le stesse parole che poi pronuncerà in Aula il senatore Pd Felice Casson. La proposta, dopo tre ore e mezzo di scontro in Senato, non passerà.

Ed è un’altra vittoria del leghista ministro dell’Interno Roberto Maroni sul «cerchio magico» di Bossi, perché quell’idea era stata infilata dal bossiano
Bricolo nelle pieghe del decreto di rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, e avrebbe cancellato - con conseguenze devastanti sull’ordine pubblico - un organismo del Viminale: il «Catalogo nazionale delle armi da sparo». Tre ore di serrato e crudo dibattito con le opposizioni, e poi il relatore del decreto sulle missioni militari, il berlusconiano Giuseppe Esposito, ritira l’emendamento, che verrà trasformato «in un ordine del giorno della Commissione».

Come dire: il nulla. Anche se Bricolo insiste: «Dopodomani lo ripresenteremo come disegno di legge». Sarà. Ma intanto in Aula si è assistito alla presa di distanza del presidente del Senato Schifani, al governo che non dà parere favorevole ma solo «conforme» al relatore. Il centrodestra ha dovuto cedere non alle opposizioni, ma alle sue stesse contraddizioni interne:
il Pdl non reggeva quella proposta della Lega. E per forza: si sarebbe aperta la strada alla costituzione di milizie private con armi molto potenti, dice il nostro analista. Perché nell’emendamento 8.0.1 di modifica al ddl 2824 cancellava il «Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo».

Un semplice articolo, il numero 7, di una legge del 1975 che è anche, però, un intero dipartimento del ministero degli Interni. Che serve a tracciare le armi in mano ai privati, collegando numero progressivo d’iscrizione, descrizione dell’arma e del calibro, produttore e detentore.
Una vera e propria funzione preventiva contenuta in una legge contro la quale da decenni si batte la lobby dei produttori, dei commercianti e degli importatori di armamenti. Ed è questo l’argomento che ieri le opposizioni hanno cavalcato in ogni modo: «Diciamo la verità, qui stiamo parlando di un settore industriale, ed è la seconda volta che si cerca di farlo passare: dopo averlo infilato nel provvedimento sulla Semplificazione normativa, adesso tentate la via delle missioni militari», dice a un certo punto il Pd Luigi Zanda chiedendone, assieme ad altri, lo stralcio.

«Stiamo cambiando l’uso delle armi sul territorio italiano colla scusa delle missioni militari all’estero, una vergogna» incalzava il casiniano D’Alia. Se quell’emendamento fosse passato, sarebbero state commercializzabili sul mercato civile armi troppo potenti, non a raffica ma capaci di perforare, con un colpo solo, i mezzi blindati, come i fucili d’assalto. O come pistole del calibro 7,62 Nato, molto occultabili e capaci di superare qualunque protezione balistica. L’emendamento poi avrebbe spostato dal ministero dell’Interno alla Difesa, dunque dalla pubblica sicurezza civile al militare, la competenza sulle armi da fuoco ammissibili nel mercato civile nazionale. «Un bel favore alla criminalità organizzata», commenta
Anna Finocchiaro.

Ma il leghista
Mazzatorta ha difeso il provvedimento, «tutta demagogia», sostenuto dal berlusconiano Franco Orsi che a un certo punto decanta «la cancellazione della struttura del Catalogo, a suo avviso troppo costosa: quei venti milioni di euro serviranno per le missioni di pace». Non molto convincente, per il presidente del Senato Schifani, che ha preso tempo a più riprese. Così, dopo due sospensioni di venti minuti l’una, Bricolo - che dell’emendamento era primo firmatario con Bodega, Mazzatorta, Torri, Divina, Carrara e l’ex generale di An Ramponi - prima ha tentato la via del compromesso, «riscriviamo l’emendamento», poi ha chinato il capo e ha accettato il ritiro.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Bisogna essere proprio stronzi per fare simili proposte, come se in Norvegia non fosse successo nulla! I nomi dei firmatari dell'emendamento andrebbero iscritti nella 'Colonna Infame' di manzoniana memoria!