sabato 23 luglio 2011

Onorevole discredito

di Paolo Flores d’Arcais

Se nel nostro paese quattro milioni di persone su cinquanta di cittadini adulti avessero pesanti contenziosi con la giustizia (tra condannati, prescritti, rinviati e indagati), potremmo legittimamente offenderci qualora qualcuno all’estero parlasse dell’Italia come di una nazione di malfattori? Evidentemente no. Resterebbe una schiacciante maggioranza di italiani onesti, beninteso, ma il tasso di illegalità sarebbe talmente ciclopico da far apparire la Chicago degli anni trenta un’oasi di perfetta legalità, e gli aggettivi anche più duri nei confronti del nostro paese diventerebbero perciò inoppugnabili.

Le assurde proporzioni che ho appena immaginato (e che farebbero collassare qualsiasi convivenza nel caos autodistruttivo di “homo homini lupus” ) non sono però frutto di fantasia: sono, alla virgola, quelle esistenti nel parlamento italiano, dove tra i mille onorevoli e senatori ben ottantaquattro non sono in rapporti proprio idilliaci con la legge. Si dirà che in qualche caso si tratta di imputazioni “veniali”, e che qualcuno finirà assolto. D’accordo. E’ anche vero, in compenso, che il loro numero cresce con accelerazione da formula uno: ad avere guai con la giustizia nel Pdl erano un anno fa in ventiquattro, ora sono già quarantanove. E se un parlamentare non godesse di immunità rispetto a perquisizioni e altre forme di indagini, il tasso accertato di “mariuoli” sarebbe ancora più alto.

Non è vero, perciò, che il parlamento è lo specchio del paese. Il nostro attuale parlamento, quanto a disprezzo delle leggi (che ha votato!), è peggiore dei peggiori quartieri malfamati, e di gran lunga. Mentre la maggioranza di parlamentari incensurati finisce per reggere il sacco, visto che contro questo insopportabile insulto alla decenza non ha preso misure per farlo cessare (neppure l’opposizione – ahimé - appare intenzionata a proporre il bisturi necessario).

E’ apprezzabile che il Colle più alto abbia ieri stigmatizzato come “inammissibili” gli attacchi correnti contro le toghe, a pronta correzione degli strali invero incomprensibili lanciati ieri l’altro contro i magistrati che si sentirebbero “investiti di ‘improprie ed esorbitanti missioni’”. Tuttavia dal custode della Costituzione ci saremmo aspettati qualcosa di più, proprio in nome della verità storica: a salvare l’onore del Paese, di fronte a un Parlamento che sempre più ne rappresenta i bassifondi, sono stati e sono proprio i magistrati (non tutti, purtroppo), che trattano il potente come qualsiasi altro cittadino.

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