martedì 5 luglio 2011

Sette miliardi di opportunità per la Terra

PAOLO MASTROLILLI

L’ orologio ticchetta inesorabile, sul sito dello «United Nations Population Fund»: alle otto di ieri sera sulla Terra c’erano 6 miliardi, 929 milioni e 976.450 esseri umani. Entro la fine dell’anno raggiungeremo la soglia dei sette miliardi, anche se le stime variano: accadrà a luglio, secondo il «Census Bureau» americano, mentre l’Onu scommette sulla fine di ottobre.

Per non farsi prendere comunque di sorpresa, l’Unfpa, ossia l’organo sussidiario dell’Assemblea Generale che si occupa dei temi della popolazione, lancerà già domani la prima iniziativa globale su questo traguardo storico. L’ha chiamata «7 Billion People, 7 Billion Actions», ossia sette miliardi di persone, sette miliardi di azioni. Con l’aiuto di grandi sponsor, da Facebook all’Ibm, chiederà alle aziende, ai media, alle organizzazioni non governative, alle università, alle agenzie dell’Onu, alle singole persone, di raccontare storie concrete oppure prendere impegni su come affrontare i problemi più pressanti dell’umanità.
Sette miliardi di persone sono un’opportunità o una minaccia?

Sette, ovviamente, sono le chiavi offerte per rispondere: povertà e ineguaglianza, perché ridurre la povertà riduce anche la crescita della popolazione; donne e ragazze, perché eliminare le discriminazioni sessuali accelera il progresso; giovani, perché con l’interconnessione tecnologica stanno cambiando il mondo, ma bisogna garantire loro un futuro; salute riproduttiva, anche se su questo punto sono già garantite le polemiche; ambiente, perché dal nostro comportamento dipenderà la salute della Terra; invecchiamento, perché con la fertilità che scende e la vita media che si allunga, dovremo trovare nuovi modelli sociali; urbanizzazione, perché i prossimi due miliardi di esseri umani in arrivo vivranno nelle città, e quindi bisogna cominciare a pianificare in fretta la loro sistemazione.

Non è detto che questi siano gli unici temi, o i temi migliori, su cui impostare la riflessione. Infatti dietro la sigla Unfpa, e la sua ex direttrice Nafis Sadik, molti vedono solo l’istituzione protagonista della Conferenza del Cairo nel 1994, ossessionata dall’obiettivo di limitare le nascite. Ad esempio, quando al punto 4 chiede di «assicurare che ogni bambino sia voluto», l’Unfpa usa un linguaggio in codice per promuovere politiche di pianificazione famigliare che provocano ancora forti divisioni.

Ormai, però, il tema è più grande di così, e forse qualche numero aiuta ad inquadrarlo. Eravamo appena 3 miliardi nel 1960, e l’ultimo miliardo lo abbiamo aggiunto in appena 12 anni, dal 1999 ad oggi. Nel 2050 dovremmo essere 10 miliardi e mezzo e le città con più di 10 milioni di abitanti sono già oltre 20. Eppure i tassi di crescita stanno rallentando, un po’ ovunque. In Europa siamo scesi sotto la media di due figli per coppia, con Paesi tipo l’Italia che ormai ospitano quasi «razze in via di estinzione». Ma anche la Cina è scesa da 6 figli di media nel 1965 a 1,5 di oggi, mentre il Brasile ha dimezzato le nascite e l’Iran le ha ridotte del 70%. Resta fuori controllo l’Africa subsahariana, che però rappresenta solo il 16% della popolazione mondiale, secondo le stime del «National Geographic». L’India fatica a centrare i suoi obiettivi, ma per fare un esempio positivo, nello Stato del Kerala è bastato investire sull’istruzione delle donne per ridurre il tasso di fertilità all’1,7%. In molti casi si tratta di risultati raggiunti senza politiche imposte, come quella del figlio unico in Cina, le sterilizzazioni o gli aborti forzati: sviluppo, benessere ed istruzione cambiano anche il modo di vedere la famiglia, limitandone le dimensioni con metodi che non dividono.

Ma perché dovremmo celebrare come un successo il contenimento delle nascite? Secondo Thomas Malthus, anno 1798
, perché alla lunga la Terra non avrà abbastanza risorse per tutte queste persone, e quindi toccherà alle guerre e alle malattie di ricostruire l’equilibrio. Finora, per fortuna, questa previsione si è dimostrata largamente sbagliata, così come quella di Paul Ehrlich, che ancora nel 1968 metteva in guardia dalla «Population bomb».

Di sicuro c’è che finora l’ingegnosità degli esseri umani ha trovato risposte adeguate quasi a tutte le nostre esigenze, e magari non staremmo neppure a fare questi discorsi, se il progresso della medicina non avesse fatto balzare a 77 anni l’aspettativa di vita nei Paesi più sviluppati. Anche l’India è passata dai 38 anni del 1952 ai 64 di oggi, e la Cina da 41 a 73. Storie concrete e positive, dunque, come quelle che l’Unfpa spera di mettere insieme da tutto il mondo, per smentire ancora Malthus e trasformare quel numero immenso di esseri umani in sette miliardi di opportunità.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ma quale opportunità, la domanda è pleonastica: sono una minaccia e che minaccia!