venerdì 22 luglio 2011

«Soldi anche al partito di Penati»

Non c'è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull'area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».

«Spremuto come limone»

Pasini raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall'allora sindaco ds di Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio regionale lombardo dopo essere stato indagato l'altro ieri dai pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di
concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo. E Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000 per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento milioni di lire al mese. Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della dirigenza dell'alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei magistrati».

Il conto estero «Pinocchio»

Che davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la Serravalle). L'altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la destinazione dettata appunto dall'istruzione data da Pasini alla banca il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma telefonica».

Consulenti imposti e coop

Il monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l'area ex Falck consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per l'area ex Ercole Marelli (anch'essa di Pasini) «mascherati» dietro il saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il costruttore aggiunge un'altra tangente che colloca prima, nel 2000, addirittura al momento di comprare dai Falck l'area dove sorgevano le acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l'acquisto dell'area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in
Francesco Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi e 400 milioni di lire e che ora sono anch'essi indagati per l'ipotesi di concussione.

Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it

Giuseppe Guastella
gguastella@corriere.it
22 luglio 2011

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