lunedì 1 agosto 2011

Mazzette a Milano e Sesto un giallo in due puntate

PIERO DI CATERINA

GIOVANNA TRINCHELLA

Una ventina di indagati, tre ipotesi di reato corruzione concussione finanziamento illecito ai partiti - quasi un anno di indagini, quattro filoni di inchiesta – il piano di lottizzazione dell’ex area Flack a Sesto San Giovanni e la sua adozione da parte del consiglio comunale, la lottizzazione e le concessioni edilizie dell’area Ercole Marelli, il servizio integrato dei trasporti dell’Alto Milanese, infine il versante delle Coop rosse. E’ un mare magnum lo scandalo delle presunte tangenti rosse che hanno portato alle dimissioni Filippo Penati, uomo di punta del Pd, vice presidente dimissionario del consiglio lombardo, ex capo della segreteria di Pier Luigi Bersani. Sul bustarelle fino a un miliardo di lire ricevute dall’ex sindaco di Sesto San Giovanni indaga la Procura di Monza e i pubblici ministeri Franca Macchia e Walter Mapelli, coordinati dal procuratore capo Corrado Carnevali, già aggiunto per la Procura di Milano del Dipartimento per i reati contro la pubblica amministrazione.

L’origine dell’inchiesta E’ proprio a Milano che nasce il filone che porterà a Monza. I pm di Milano, Laura Pedio e Gaetano Ruta, stanno indagando sulla bonifica dell’area Montecity-Santa Giulia: due i fuochi dell’indagine; la mancata bonifica dell’area e un mega giro di false fatture. E alcune di queste, per 700 mila euro, risultano essere emesse da
Piero di Caterina, immobiliarista e titolare della ditta di trasporti Caronte. Nel corso della perquisizione del suo ufficio gli uomini della Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano trovano la contabilità in nero su fogli e su dvd e anche una e-mail, datata aprile 2010, in cui l’imprenditore scrive a Filippo Penati e Bruno Binasco, amministratore della Serravalle. Il testo della lettera lascia pochi dubbi: «Signori, come a voi ben noto, il sottoscritto, nel corso degli anni, a partire dal 1999, ha versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro, a Filippo Penati, notevoli somme di denaro».

Gli accusatori

Di Caterina, finito nei guai, sceglie la via della collaborazione e comincia a raccontare. Spiega agli inquirenti di aver pagato per finanziare le spese politiche ed elettorali di Penati dal 1993 al 2004, con punte mensili anche di venti o trentamila euro al mese: soldi al partito per il sistema Sesto, ma "anche per Milano". Bustarelle in cambio di favori, ma anche per sbloccare i pagamenti alla sua ditta di trasporti che ha un contenzioso con Atm, l’azienda dei trasporti milanesi. Soldi che sarebbero finiti a
Giordano Vimercati, ex capo di gabinetto di Penati alla Provincia. Di Caterina parla di un giro di soldi versati e restituiti, tra Lussemburgo e Svizzera, perché non tutti gli affari che avrebbero dovuto concludere erano poi andati a buon fine. In Procura a Milano si presenta anche un altro imprenditore che diventa il secondo accusatore: Giuseppe Pasini. proprietario delle aree dell’ex acciaieria Falck quando Penati era sindaco e suo avversario come candidato per il centro destra alla poltrona. L’immobiliarista ex consigliere va dai pm a dire che è vittima di “abusi e soprusi”: oltre 3,7 milioni versati tra il 2000 e il 2001, secondo il suo racconto, a personaggi indicati dall’allora sindaco. Pasini parla anche dell’attuale sindaco di Sesto San Giovanni, Giorgio Oldrini.

Gli indagati

Il fascicolo così com’è viene inviato a Monza. Nel registro degli indagati vengono iscritti:
Penati, Vimercati, Oldrini, Pasqualino di Leva, ex assessore al Bilancio del Comune di Sesto (cui sarebbero stati versati un milione e mezzo di euro per creare fondi per i politici), la dirigente dello stesso ufficio Nicoletta Sostaro, l’architetto Marco Magni vicino all’assessore Di Leva, l’ex dirigente del Comune di Sesto San Giovanni Renato Sarno. Tra gli indagati vi è poi Antonino Princiotta, ex segretario generale della Provincia di Milano, che avrebbe ricevuto 100 mila euro da Di Caterina per l’affaire dei trasporti integrati. Vi è poi il filone delle fatture false. Giuseppe Grossi, l’imprenditore delle bonifiche, attraverso operazioni bancarie all’estero «retrocedeva provviste», gonfiando fatture, a favore dell’immobiliarista Luigi Zunino, a lungo proprietario dell’ex Falck. Accanto a loro anche Bruno Binasco, amministratore della Serravalle, che fa scadere un opzione di acquisto su un immobile di Di Caterina, che non ha ricevuto tutti i favori che si aspettava, perché incassi due milioni di euro. Ci sono poi i personaggio delle Coop rosse, tirati in ballo da Pasini che racconta di aver sborsato due milioni e 400 mila euro per consulenze a Francesco Agnello e Giampaolo Salami, professionisti vicinissimi alle Coop. Su indicazione del vice presidente delle Ccc, il gruppo di cooperative edilizie, Omer Degli Esposti.

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