domenica 7 agosto 2011

SIAMO GIUDICI O ONOREVOLI?


di Bruno Tinti

Nel 2004 un deputato PdL, Carmelo Patarino, denunciò Nicola Putignano, suo ex collega, per indebite pressioni sul consiglio comunale di Castellaneta Marina.

Il pm ritenne infondata questa denuncia, anzi vi ravvisò due reati: diffamazione e calunnia; e inviò gli atti alla Camera perché deliberasse se le affermazioni diffamatorie fossero state formulate da Patarino “nell’esercizio delle sue funzioni”. La Camera disse di si e il processo per diffamazione si bloccò.

Patarino fu processato invece per calunnia e condannato a 1 anno e 4 mesi. Sentenza appellata e arrivata adesso in Corte d’Appello; che ha ritrasmesso gli atti alla Camera, chiedendo di nuovo se le affermazioni di Patarino dovevano considerarsi insindacabili. La richiesta è stata respinta perché inammissibile; la Camera, dice l’on Castagnetti, già si era espressa su tutte le affermazioni di Patarino, quelle qualificate diffamatorie e quelle ritenute calunniose; sicché oggi non si deve pronunciare di nuovo.

La Corte d’Appello si riprenda tutto e non proceda per via dell’art. 68 Cost.

Di Patarino e Putignano non ce ne importa niente; ma dell’ignoranza, vera o presunta, dei deputati si.

Insomma, ancora una volta, ci sono o ci fanno?

Diffamazione: racconto a qualcuno che Pinco Pallino è uno stupido e non sa fare il proprio mestiere.

Calunnia: racconto a un poliziotto o a una Procura che Pinco Pallino ha minacciato un sindaco; ma so che non è vero.

Differenza: nel primo caso non attribuisco alcun reato; nel secondo si.

C’è anche un’altra differenza un po’ più tecnica: se attribuisco a Pinco Pallino un reato ma lo racconto a gente che non ha l’obbligo della denuncia (per esempio, un giornalista), non commetto calunnia ma solo diffamazione. Poi, è chiaro, nel processo, si vedrà se il reato c’è o no.

Forse non ho detto che Pinco Pallino è stupido ma solo che non è tanto bravo a lavorare; questione di sfumature.

I processi per diffamazione sono difficili proprio per questo.

E, quanto alla calunnia, il punto sta nell’accertare se, accusando Pinco Pallino, sapevo o no che era innocente. Se ero convinto della sua colpevolezza sarò assolto. E questo anche se poi Pinco Pallino non sarà condannato: una cosa è la mia convinzione e altra è la decisione del giudice.

Ciò che interessa in questa storia è la ripartizione dei compiti: la Camera deve accertare se le “opinioni” del parlamentare ritenute diffamatorie sono state espresse nell’esercizio delle sue funzioni; la Procura se questi, quando ha denunciato che Pinco Pallino aveva commesso un reato, sapeva che era innocente.

A ognuno il suo.

Ora: perché la Corte d’Appello ha chiesto alla Camera di deliberare sulle affermazioni, ritenute calunniose, di Patarino? Non è competenza della Camera pronunciarsi sui reati commessi dai parlamentari: l’autorizzazione a procedere è stata abolita.

Forse la Corte d’Appello pensa che non di calunnia si tratti ma di diffamazione. Ma, se anche così fosse, la Camera si era già pronunciata. E poi: è inaccettabile la pretesa dei parlamentari di sostituirsi al giudice.

La Camera non poteva pronunciarsi sulle affermazioni calunniose: quelle non sono “opinioni”, sono accuse false; e, se non lo fossero, sta al giudice accertarlo.

E’ sempre la stessa storia, che si tratti del “peone” Patarino o di B: se B ha commesso una concussione quando ha “pregato” la Polizia di affidare Ruby alle sue discutibili amiche e se l’ha fatto “nell’esercizio delle sue funzioni”; è cosa che devono decidere i giudici, non la Camera.

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