sabato 6 agosto 2011

Un uomo da interdire


di Marco Travaglio

È commovente lo sforzo della stampa di regime per sganciare gli ultimi rovesci di Piazza Affari dal discorso portasfiga del Cainano. Ieri il Pompiere della Sera, in un editoriale che peraltro denunciava l’inesistenza del nostro governo, si inerpicava sugli specchi con ardite perifrasi (“Palazzo Chigi”, “il governo e la politica”) pur di non nominare mai Berlusconi come la vera palla al piede che paralizza l’Italia oltre a tutte le altre. Del resto sono anni che i pompieri fingono di non vedere quel che fa, anzi non fa.

All’inizio per lui la crisi finanziaria mondiale non esisteva proprio. E, se gl’italiani se ne preoccupavano, era colpa di Annozero che ne parlava. Autosuggestione collettiva.

Ottobre 2008, mentre tutto il mondo vara misure straordinarie, lui sorride: “Tranquilli, abbiamo l’83% di case di proprietà, più auto e più telefonini di ogni altro paese europeo”.

21 dicembre 2008: “Occorre intervenire sulla Rai, basta con questi programmi che diffondono pessimismo”.

Febbraio 2009, cita fugacemente la crisi, ma solo per annunciare che è passata: “Usciremo dalla crisi prima del resto d’Europa, perché siamo i migliori”.

2010: la crisi è sempre lì. Lui incolpa alle “organizzazioni internazionali, che un giorno sì e uno no dicono: deficit +5%, consumi -5%, crisi di qui crisi di là, crisi fino al 2011... un disastro! Chiudiamogli la bocca”. E pure i giornali, “essi stessi fattori di crisi”. Poi riunisce gl’imprenditori, anch’essi molto suggestionati: “Chiedete un incontro ai vertici Rai: come fate ad accettare che la Rai inserisca i vostri spot in programmi che diffondono panico e sfiducia?”. È la celebre crisi percepita: la gente crede di esser senza soldi e senza lavoro perché glielo dice Santoro, ma se mette le mani in tasca si scopre ricca sfondata.

2011: Draghi, altra vittima dell’incantesimo, annuncia che si son persi 650 mila posti di lavoro, ma B. lo zittisce: “I suoi dati non ci risultano, la ripresa è partita”. L’autorevole Brunetta conferma: “Siamo in piena ripresa”. È quel che dice anche il Tg1 di Minzolingua: secondo una ricerca di Ilvo Diamanti, la crisi è la prima preoccupazione del 60% degli italiani, che se ne infischiano della criminalità (12%) e dell’immigrazione (3,6), ma Rai e Mediaset parlano di criminalità e immigrazione 20 volte più che di crisi. Maria Luisa Busi ritira la sua faccia dal Tg1 e accusa Minzolingua di aver “schiacciato l’Italia reale tra informazione di parte e infotainment: quante volte lavarsi le mani, caccia al coccodrillo nel lago, mutande antiscippo”. Il Direttorissimo replica: “È lei che accompagnava le notizie con la mimica facciale”. Gufava, ecco. Doveva fare come Feltri, che ancora l’anno scorso scriveva sul Giornale: “Io vedo in giro solo gente paffuta, sorridente, in forma. Il ritratto dell’opulenza. Disoccupati non ne conosco uno, semmai conosco cassintegrati integrati e felici”.

Gennaio 2011, riecco la supercazzola del “taglio delle tasse”, come se avessimo 10 o 20 miliardi da scialare. E Tremonti che ripete “non c’è una lira” è un altro gufo, traditore, criptocomunista da affidare alle cure del Giornale e di Libero.

Due mesi fa si scopre all’improvviso che mancano all’appello 60, forse 80 miliardi e Tremonti evoca il Titanic. Salvo poi apparecchiare una manovra postdatata, a babbo morto, che avvierà i tagli nel 2013, quando l’Italia non ci sarà più. Manovra già divorata dai mercati dans l’espace d’un matin. E dunque riecco il Cavalier Bunga rassicurare che “il Paese è solido” e la crisi è colpa dei “mercati” che – diceva quel gran genio di suo padre (banca Rasini) – “sono orologi rotti”. Ma anche della magistratura, noto “fattore di crisi”. A proposito: “Investite nelle mie aziende che vanno forte”.

Tra qualche mese, quando saremo un cumulo di macerie, lo troveranno nel bunker con una dozzina di Evebraun minorenni che grida “Salvate Mediaset! Bombardate i giudici! Ho l’arma segreta!”. Sempreché chi può non l’abbia fatto interdire per tempo.

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