mercoledì 31 agosto 2011

Veltroni firma il referendum e il Pd si scopre più diviso


FABIO MARTINI

Se non fosse per le telecamere, in piazza del Pantheon né turisti né romani farebbero caso all’appartato banchetto sul quale alle sei della sera si china Walter Veltroni per depositare la sua firma sulla richiesta di referendum abrogativo della legge elettorale detta «Porcellum». Dice l’ex segretario del Pd: «Questo referendum può essere un potente strumento di pressione» per realizzare in Parlamento una riforma elettorale di impianto maggioritario. E la vicenda Penati? «Gravissima, gravissima», ripete due volte l’ex leader democratico. Il superlativo su Penati e soprattutto la riconversione di Veltroni al referendum (che aveva sposato ma poi abbandonato) sono segnali del progressivo deteriorarsi dello stato di salute del Pd.

In pochi giorni si sono contestualmente lesionati due degli architravi della politica del partito: la politica delle alleanze verso i centristi - già messa in crisi dalla «fuga» di Casini verso il centro-destra - riceve ora un ulteriore colpo dalla corsa di mezzo Pd verso il referendum pro-maggioritario promosso da Arturo Parisi; contestualmente l’allargarsi dell’inchiesta di Monza sul «sistema Sesto» (messa a fuoco del rapporto «nazionale» con le coop rosse e gli approfondimenti sulla Milano-Serravalle) contribuiscono ad offuscare l’immagine complessiva del Pd, del suo gruppo dirigente, della sua leadership. Ma ieri è stata la giornata della svolta sul fronte del referendum, per effetto di una pioggia di adesioni eccellenti nel Pd. E anche fuori: ieri hanno firmato Carlo De Benedetti e la moglie Silvia, nei prossimi giorni potrebbe aderire Luca Cordero di Montezemolo.

Il referendum anti-Porcellum, grazie al consueto taglia e cuci, potrebbe ripristinare il «Mattarellum», sistema elettorale al 75% maggioritario e perciò altamente sgradito all’Udc di Casini, che contava sull’appoggio di Bersani e D’Alema per tornare ad un sistema proporzionale. Ieri a Bologna ha firmato Romano Prodi: «Firmo contro una legge iniqua, ma non ritorno alla politica» e «se i partiti facessero loro una riforma elettorale, sarei l’uomo più felice del mondo». Già quattro giorni fa, con le prime indiscrezioni sulla sua adesione, Prodi (che ci tiene a restare il padre simbolico del maggioritario in Italia), ha prodotto un effetto-valanga, rivitalizzando un referendum che sembrava finito in un binario morto. «Inventato» da Arturo Parisi, l’anti-Porcellum ai primi di luglio era stato appoggiato da Veltroni, Castagnetti, Bindi, oltreché da Di Pietro e Vendola. Ma non appena Bersani aveva lanciato la «scomunica» con una motivazione originale («I partiti non promuovono mai referendum»), Veltroni si era ritirato, facendo smontare il comitato che aveva già iniziato a lavorare ed incardinato sul veltroniano Achille Passoni, l’ex dirigente Cgil artefice dei famosi 3 milioni al Circo Massimo.

Per tutto il mese di agosto la suggestione del referendum era stata tenuta in vita unicamente dalla tenacia, dall’autotassazione personale e dalla rete di contatti informali, tenuti da Parisi, un network venuto alla luce solo a fine mese e che nei prossimi giorni potrebbe produrre ulteriori adesioni «eccellenti», capaci di trainare al quasi impossibile risultato delle 500.000 firme entro il 30 settembre. Intanto fioccano le adesioni della base Pd: ieri sera, alla festa di Modena, mentre Bersani annunciava che lui non firmerà, ai banchetti in due ore sono state raccolte 1500 firme. Dopo gli annunci nei giorni scorsi dei battistrada Piero Fassino e Vannino Chiti («coraggiosi», li definisce Parisi), dopo il sindaco di Bologna Virginio Merola, anche il governatore della Toscana Enrico Rossi fa sapere di essere pronto a firmare.

E i nemici del referendum cominciano a vedere il rischio dell’effettovalanga. Con Massimo D’Alema ancora in silenzio, parla il suo braccio destro Matteo Orfini, secondo il quale è «disdicevole» che dopo aver concordato su un progetto di riforma elettorale, nel Pd «alcuni facciano finta» di niente, puntando a resuscitare una legge come il Mattarellum che «teneva le coalizioni con lo sputo» ed «è strano che Prodi non l’abbia capito». Ai dalemiani sta a cuore la prospettiva di un’alleanza con l’Udc e infatti Rocco Buttiglione dice: «Se il Pd sposa il Mattarellum, rinuncia ad ogni alleanza con noi». Una linea di resistenza di cui si fa portavoce il segretario del Pd Bersani, secondo il quale il referendum resta «l’extrema ratio». Sorride Parisi: «Quando scatta l’ extrema ratio? Il 30 settembre?», cioè la data oltre la quale non si possono più raccogliere firme.

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