mercoledì 21 settembre 2011

“CHI PARLA DI SECESSIONE È FUORI DALLA STORIA E DALLA REALTÀ”



Napolitano replica a Bossi e chiede coesione nazionale

di Caterina Perniconi

Sono trascorsi due giorni e due notti dall’invocazione della secessione gridata da Umberto Bossi a Venezia. Poi, finalmente, sono arrivate le parole del Capo dello Stato a squarciare il muro d’indifferenza costruito intorno alla richiesta eversiva della Lega di un referendum per dividere l’Italia.

Ieri Furio Colombo, dalle colonne del Fatto quotidiano, aveva chiesto un intervento di Giorgio Napolitano sul discorso pronunciato dal leader del Carroccio. E nel pomeriggio, durante la visita della mostra “La macchina dello Stato” all’archivio centrale dello Stato di Roma, il presidente della Repubblica ha approfittato dell’occasione per spiegare come quell’evento, “così come tante altre iniziative per i 150 anni dell’Unità, mi dice come siano profonde le radici del nostro stare insieme in quanto italiani”. Ragione per cui “agitare ancora la bandiera della secessione significa porsi fuori dalla storia e dalla concreta realtà del mondo d’oggi e di quell’indispensabile impegno comune per far fronte a una così difficile situazione economica” specificando la necessità di quel “cemento nazionale unitario” che può mobilitare le energie di cui dispone il Paese e che diventa indispensabile “per superare una fase molto critica per l’Europa e per l’Italia”.

DALLA SITUAZIONE economica a quella politica, Napolitano ha dovuto ammettere di non avere “colpi d’ala” in tasca “come non ne ha nessuno”. Ma l’unica risposta possibile in questo momento è “un piano di misura, una piattaforma meditata che nasca da ampie consultazioni, per il rilancio della crescita”. Che, in parte, ha cominciato lui stesso.

Ieri al Quirinale sono saliti il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, e il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Incontri in calendario che si sono naturalmente trasformati in “consultazioni informali” prima di pronunciare le parole a lungo meditate. Il Pdl, però, non ha gradito le visite, interpretate come un commissariamento, e ha inviato da Napolitano i capigruppo di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, per soffiare sul fuoco di una situazione ormai incandescente. Il terrore di Berlusconi è che gli scenari si possano rovesciare già a medio termine.

Quello che il presidente della Repubblica ha chiesto col suo intervento, infatti, è uno sforzo di coesione per superare la crisi economica, anziché manovre approvate a colpi di maggioranza. Napolitano ha specificato che “i dati non rimpiccioliscono il Paese perché siamo una grande economia, una società vitale” ma “se il pil decresce, è chiaro che la ripresa diventa ardua se non impossibile”.

OPPOSIZIONE finalmente unita nel condividere le parole del Capo dello Stato: “Un partito nazionale come il Pd non può che condividere queste parole – ha commentato Bersani – sentiamo che toccherà a noi, che siamo un partito di patrioti ed autonomisti, riprendere in mano la bandiera delle autonomie, tradita dal federalismo delle favole, e portarla a rafforzare l’unità del Paese”.

L’Udc ha rinnovato “la disponibilità a lavorare a soluzioni comuni per la crescita, ma ora sta al governo e al Pdl rendersi conto della gravità della situazione: questo è il momento delle scelte condivise, non della pretesa di autosufficienza né dell’insopportabile evocazione di spettri come la secessione”. L’Italia dei valori ha fatto un passo avanti: “Apprezziamo e condividiamo le parole del Presidente della Repubblica sull’unità d’Italia – ha commentato il presidente dei deputati, Massimo Donadi – il tema, oggi, però, è più ampio e riguarda anche l’agibilità democratica del Paese, tenuto in ostaggio dal presidente del Consiglio e dalla sua cricca”.

Anche per il leader dell’Api, Francesco Rutelli, “la presa di posizione del presidente della Repubblica Napolitano è stata asciutta e fortissima”. Necessaria poiché “Bossi è un leader politico uscito dai radar e la Costituzione stabilisce che l’Italia è una e indivisibile”. Quella stessa Carta sui cui il leader della Lega ha giurato per diventare ministro della Repubblica italiana. Tutta intera.

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