sabato 10 settembre 2011

Dopo il “resta all’estero” a Lavitola, il Pdl chiede ispettori a Napoli. B. scappa dall’interrogatorio


di Enrico Fierro e Antonio Massari

Martedì gli faccio trovare il portone chiuso. Non vado da quei pm politicizzati. Toghe rosse, gente che usa strumentalmente le inchieste per colpirmi. La guerra contro la Procura di Napoli che sta indagando sul presunto ricatto a Berlusconi è partita. Il Cavaliere, che pure aveva espresso la sua disponibilità a farsi ascoltare come persona informata dei fatti, è fortemente tentato dal dire un secco no e rifiutare ogni confronto. Sono queste le indiscrezioni circolate ieri negli ambienti di Palazzo Chigi e del Pdl. I “falchi” del suo partito avevano già in mattinata preparato il terreno dello scontro con una richiesta al ministro della Giustizia. Sempre la solita, un’ispezione degli 007 di via Arenula, capeggiati da Arcibaldo Miller, alla procura napoletana. Il tema è la fuga di notizie. Non quella del settimanale di casa Berlusconi, Panorama, che svelò l’esistenza dell’inchiesta, avvisando sia Tarantini che Lavitola che presto sarebbero stati arrestati. Ma quella de L’Espresso con la famosa telefonata nella quale il Cavaliere consiglia al fido Valterino di rimanere dove si trova. All’estero.

PER IL MOMENTO il ministro della Giustizia, Nitto Palma, si è limitato a chiedere un’informazione sugli atti. Ma i “falchi” premono. L’obiettivo è surriscaldare il clima, in attesa di martedì prossimo. Se Berlusconi rifiuta di farsi sentire e non offre un’altra data, rischia la richiesta di “accompagnamento coattivo” da parte della procura napoletana. Un passaggio che la Procura potrebbe fare, ma che innalzerebbe lo scontro al livello della scena finale de Il Caimano di Nanni Moretti. Ed è forse quello che Berlusconi e il Pdl cercano ora che l’inchiesta sta arrivando a un punto cruciale.

Ma l’obiettivo più grande è quello di creare il massimo fuoco di sbarramento alle rivelazioni che stanno per arrivare da Bari. Da giovedì, almeno questo si dice con certezza da settimane, dovrebbero essere depositati tutti gli atti dell’inchiesta Tarantini-escort. A quel punto saranno pubbliche tutte quelle intercettazioni “catastrofiche” che narrano dei rapporti tra il “lenone” Tarantini e il capo del governo. Le amabili chiacchierate nelle quali i due si soffermano sui particolari più intimi di quegli incontri. “Ci sono delle cose che lo compromettono (Berlusconi, ndr) ...Ruby due”, rivela Tarantini ai magistrati napoletani affacciando più di un sospetto sull’età delle frequentatrici delle feste berlusconiane. Ci sono chiacchierate buone per un film alla Alvaro Vitali, ma anche giudizi da caserma su leader europei donne. Uno scandalo enorme, una valanga di volgarità col Paese in ginocchio e l’Europa che ci osserva.

Clima surriscaldato per un’inchiesta dove tante sono ancora le cose da chiarire. Esiste davvero un ricatto o le indagini stanno rivelando altro? E chi era il ricattatore? C’è l’astuto ma ubbidiente Valter Lavitola, che da questa storia cerca di lucrare il massimo del profitto per sé, in termini di soldi e di affari, ovviamente pubblici con aziende di Stato e ministeri.. E che come un Garibaldi del malaffare pronuncia un netto obbedisco quando Berlusconi gli “consiglia” di rimanere all’estero e di non tornare in Italia. E c’è Gianpi Tarantini, cocainomane e imprenditore fallito, abilissimo nell’investire in relazioni che contano ed escort da piazzare nei letti giusti. Di destra o di sinistra. Conta poco. Un furbacchione che oggi preferisce calarsi nei panni del fesso. Così si dipinge, così lo giudica lo sprezzante Lavitola, così lo giustifica la giovane moglie Nicla, amante del lusso, di Valterino e del bel mondo. Lavitola, è il mantra che va ripetendo, tramite me voleva ricattare Berlusconi.

UN GIOCO delle parti, ma anche un si salvi chi può. “Io sto in galera e Lavitola sta a Panama”, dice sconsolato già il 3 settembre ai pm che lo interrogano. Nell’interrogatorio di ieri, secretato dalla Procura, Tarantini si sarebbe lasciato andare chiarendo molti punti, soprattutto sul groviglio degli appalti con Finmeccanica e le aziende collegate, sugli interessi di Lavitola con molti ministeri, finanche sul ruolo degli avvocati nel carpire informazioni sull’inchiesta di Bari. Partita difficile, nella quale anche le fughe di notizie giocano un ruolo fondamentale. “L’articolo di Panorama – dice nell’interrogatorio Tarantini – è la copia dell’ordinanza”. Che il 24 agosto, quando il sito del settimanale di Berlusconi annuncia lo scoop, non c’è ancora. Non è l’ordinanza del Gip, chiarisce il pm che lo interroga. Gianpi, per ovvi motivi esperto di dinamiche giudiziarie, chiarisce che è vero, si tratta “della richiesta (del pm, ndr) ...l’hanno almeno una settimana prima”. Poi aggiunge: “Se Berlusconi mi voleva tutelare mi avvisava”. E suscita l’ironia del pm: “Infatti è uscito l’articolo di Panorama”. Gianpi fa finta di non capire. “Ma cavolo, non mi mandi (Berlusconi, ndr) l’avvocato di corsa, non mi fai venire di corsa a Roma?”. “Se Berlusconi avesse voluto avvisarla – è la replica del pm – aveva due possibilità: o chiamarla riservatamente, oppure in ogni caso lei è avvisato – come tutti gli italiani – da un articolo che compare su un settimanale... cerchiamo di non prenderci in giro”. Ma Tarantini insiste: “L’avvocato Perroni (incaricato e pagato da Berlusconi della sua difesa, ndr) lo puoi chiamare, però”. Dura la replica del magistrato: “Avvertirla ad personam da parte di Berlusconi sarebbe stato un po’ più rischioso. Era meglio come è stato avvisarla (poi non sappiamo chi sia stato a dare le carte, stiamo indagando) a mezzo stampa. Lei e tutti gli altri, compreso Lavitola che se n’è andato”.

LO SCOOP di Panorama crea il panico. Il 24 agosto (annuncio dello scoop sul sito del settimanale) Lavitola, come è noto, chiama Berlusconi che gli consiglia di restare dove si trova, in Bulgaria per affari. In quello stesso periodo, è Tarantini a raccontarlo, anche gli avvocati entrano in crisi. “Il lunedì o martedì mi chiama l’avvocato Quaranta e mi dice che non può difendermi nel processo Panorama, in quanto c’era la complicità di avvocati e poi che erano stati chiamati come testimoni. Ha evitato qualsiasi incontro, non voleva incontrarsi con me”. C’era stata una riunione di principi del foro (Quaranta, Perroni, altri) per decidere la strategia. Tarantini si sente abbandonato e va sotto lo studio di Perroni. “Ma l’avvocato mi vede e mi caccia. Tu te ne devi andare, tu non puoi stare qua…”.

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