mercoledì 21 settembre 2011

Il maggiordomo di B. e i telefonini “da mafiosi”



ALFREDO PEZZOTTI AI PM: “LAVITOLA HA MANDATO UN UOMO CON TRE UTENZE CRIPTATE

di Enrico Fierro

Lui quelle donnine sguaiate, tutte abitini corti e neri, senza calze neppure a gennaio, che affollavano il salone di Palazzo Grazioli proprio non le sopportava. E gli stava sullo stomaco pure Valter Lavitola.

Quell'uomo pingue dal marcato accento napoletano era untuoso, sudaticcio, chiedeva, importunava, era invadente, metteva le mani dovunque. E vestiva pure male.

Ma lui, Alfredo Pezzotti, romano di Marino, classe 1963, dal 1991 al servizio di Silvio Berlusconi, era educato con tutti. La sua professionalità gli imponeva di esserlo anche con la compagnia di giro di papponi e prostitute che circondava la vita del Cavaliere. La sua abilità era fare buon viso a cattivo gioco.

"Signori magistrati, io volevo solo preservare il Presidente". E' il 1 settembre e negli uffici della Procura di Napoli fa un caldo che sembra ferragosto. Alfredo il maggiordomo si trova a disagio davanti ai pm. Sa che deve dire la verità, tutta la verità. Anche su quello strano giro di telefoni che Valter Lavitola portava a Palazzo Grazioli. "Verso l'inizio di luglio conosco Rafael Chavez (l'uomo che la segretaria Marinella chiamava amabilmente Giuanin, ndr), mandato da Lavitola per consegnarmi tre telefoni con utenze straniere che avrei dovuto dare, come poi ho dato, al Presidente Berlusconi".

SCHEDE CRIPTATE, non intercettabili, il faccendiere Lavitola era il fornitore ufficiale di B. Ad Alfredo, maggiordomo fin nel midollo, toccava solo obbedire. "Mi incontrai con Rafael a Palazzo Grazioli, presi in consegna i telefoni e due o tre giorni dopo, alla presenza del Presidente Berlusconi, composi il numero dell'utenza straniera di Lavitola e passai la comunicazione al Presidente Berlusconi che iniziò a parlare con Lavitola". Era luglio, secondo la testimonianza del maggiordomo Alfredo, il 24 agosto, dopo che il settimanale di famiglia "Panorama" pubblica lo scoop sull'inchiesta di Napoli e sui presunti ricatti al Cavaliere, c'è la famosa telefonata nella quale Berlusconi consiglia a Lavitola di non muoversi da Sofia. "Resta lì, vi scagionerò tutti".

Ma torniamo alla deposizione di Alfredo Pezzotti e alla storia dei telefoni con le utenze straniere, forse argentine, forse panamensi, dice il maggiordomo, "insomma in quei paesi lì". "Il presidente mi parve abbastanza seccato da questa modalità di comunicazione. Ma guarda un po' – disse – queste cose le fanno i mafiosi". Appunto!

Fa caldo negli uffici della procura napoletana, si suda, ma ad emozionare il maggiordomo Alfredo sono i ricordi. "Signori magistrati, io cercavo di salvaguardare il Presidente, evitandogli di avere eccessivi contatti con queste persone, che non sanno comportarsi e ne approfittano". Quante cose ha visto Alfredo Pezzotti, quanti comportamenti strani, quanti segreti è costretto a custodire.. E quante ne ha dovute sopportare. "Lo chiamavamo la mummia, perché non parlava mai", lo sfotte Michelle Conceicao dos Santos, nel raccontare una delle innumerevoli seratine allegre. La colpa di quello che è successo, dice tra le righe dell'interrogatorio, è di Tarantini. "Il noto Tarantini", lo chiama, che frequentava Palazzo Grazioli "con una certa assiduità dal 2009. Diciamo fino a quando non è assurto agli onori della cronaca giudiziaria".

E' TARANTINI al centro di quello che Alfredo chiama lo "scandalo giornalistico". Come l'ultimo giapponese nella jungla, non ammetterebbe mai che invece quello che ha ridotto la credibilità internazionale dell'Italia a zero, è lo scandalo del suo Berlusconi. Il maggiordomo è assillato dalle richieste di Nicla, la moglie di Tarantini. Lei gli consegna una lettera nella quale chiede 5mila euro. "Il Presidente mi autorizzò a prelevarli dalla cassa che io gestisco per le spese domestiche". Poi tornò alla carica altre quattro volte. E a quel punto il fido maggiordomo, si prese "la libertà di non comunicare al Presidente nell'immediatezza, ma solo a cose fatte, di queste richieste, proprio nell'interesse di Berlusconi che cercavo di tutelare. Ce l'avevo anche con Tarantini, perché ho a cuore il Presidente". L'odio per Gianpi, il maggiordomo lo mostra anche in alcune telefonate. Che vengono intercettate.

Ma chi lo informò che quegli sfoghi erano stati ascoltati? "Il senatore Quagliariello", è la risposta del maggiordomo.

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