martedì 6 settembre 2011

MANOVRA ANTI EVASORI? SOLO FUMO NEGLI OCCHI



Cancellate tutte le misure efficaci contro i furbi restano i palliativi e chi truffa il fisco non pagherà

di Bruno Tinti

Fumo negli occhi: questo sono le “misure anti-evasione”. Peccato perché nella prima stesura della manovra cose buone ce n’erano. Proprio quelle che sono state eliminate.

Cosa buonissima era l’obbligo di inserire in dichiarazione i rapporti bancari di cui si avesse comunque la titolarità; attenzione, questo significava che il conto intestato alla nonna andava dichiarato, così come la cassetta di sicurezza e il libretto di risparmio al portatore; e, naturalmente, il conto estero, svizzero o caraibico che fosse. Perfetto. Soprattutto perché, se adeguatamente sanzionata, questa norma avrebbe permesso di evitare i complessi accertamenti sull’ammontare dell’imposta evasa; sarebbe bastato accertare che il conto alle isole Cayman non era stato dichiarato.

TEMPI DURI per gli evasori. E infatti non se ne parla più. Perché? Non si sa (ma si immagina). Tanto più che il Fisco ha, per legge, la possibilità di chiedere al contribuente i rapporti intrattenuti con le banche. Solo che, con i conti indicati in dichiarazione, andava a colpo sicuro e chi aveva mentito correva rischi gravi. Ora restiamo con il 10 % di accertamenti, 90% di possibilità di farla franca e impunità pressoché assicurata.

Decisiva era la pubblicità dei redditi. Attenzione, del reddito imponibile, non della dichiarazione. Poteva essere la chiave per abbattere l’evasione. Chi sarebbe uscito con la Ferrari quando il vicino poteva leggere online che dichiarava 30.000 euro di reddito annuo? Chi avrebbe corso il rischio della denuncia (non della “delazione”, secondo il lessico dei difensori d’ufficio dell’evasione) da parte di incazzati contribuenti onesti, magari loro malgrado perché lavoratori dipendenti? Era una svolta.

ADESSO, PENSA un po’, si prevede di mettere online i redditi medi delle categorie. Cioè quello che si legge da anni su decine di siti Internet. Come se non si sapesse già che gli avvocati hanno un reddito medio di 50.000 euro, i dentisti di 45.000 e gli albergatori e ristoratori di 12.000. Dopodiché? Accertamenti mirati sulla base di queste risultanze. Perché, fino adesso Fisco e Comuni non lo sapevano che il popolo dell’Iva è pieno zeppo di evasori? Chissà se resisterà l’incoraggiamento ad utilizzare sistemi di pagamento tracciabili. Tutti sanno benissimo che la moneta elettronica è la mamma dell’anti-evasione (il papà è la prigione); sicché c’è da dubitarne. E comunque: perché riservarla solo a piccole aziende? Perché non rendere obbligatori, per tutti, pagamenti con carta di credito, bonifici bancari, assegni ecc? È ovvio: perché il popolo della partita Iva si incazza.

Plauso incondizionato per il no alla sospensione condizionale della pena. L’evasore fiscale è un delinquente seriale, per definizione non dà alcuna garanzia di non commettere altri reati: tutta la sua economia è fondata sull’evasione; e, se beccato, ricomincia subito, in base al principio (fondatissimo con il sistema tributario e penale tributario italiano) secondo cui il fulmine non cade mai due volte nello stesso punto. Ma riservare la severità all’evasore per più di 3.000.000 di imposta è proprio fumo negli occhi. Che si fa, si mettono in prigione Valentino Rossi e Pavarotti. E poi? Quello che serve è spaventare gli evasori sistematici piccoli e medi, quelli che fanno “nero”. Lì sta l’evasione vera, quella che ci mette in ginocchio; il resto è operazione di facciata. Certo, vanno presi e puniti severamente anche loro, anche Rossi e Pavarotti; ma non è con questi due che si salva l’Italia. Quindi la norma doveva essere estesa a tutti i reati tributari: 6 mesi di prigione al collega della porta accanto sono un deterrente più efficace di 1000 spot anti-evasione.

Resterà l’abbassamento della soglia di punibilità per le dichiarazioni fraudolente “con altri artifici”: non più 77.468 euro ma 30.000? Comunque, anche qui c’è il trucco. Questo reato non si applica quasi mai. Il popolo dell’Iva, quello che fa il “nero”, quello che è il maggiore responsabile di un’evasione annua pari a 160 miliardi, ottenne, a suo tempo, di inserire nella legge penale tributaria il reato di “dichiarazione infedele” che si ha quando, per evadere, ci si limita a non annotare in contabilità quello che si incassa.

INSOMMA, quando il dentista, l’idraulico, l’avvocato, il meccanico, il barista e così via non fanno parcella, scontrino, ricevuta, evadono ma senza “artifici”. Il che significa pena fino a 3 anni (dunque in realtà 8 mesi con la condizionale), soglia di punibilità di 103.291 euro (se evado 103.000 euro netti all’anno non commetto reato. Norma “finta” anche questa.

Come cantavano i mitici Platters, Smoke gets in your eyes.

2 commenti:

Anonimo ha detto...


Come non dargli ragione?

Madda

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Effettivamente...