giovedì 22 settembre 2011

Una possibile soluzione



Il giudizio di Standard & Poor's sull'Italia fa esplicito riferimento, con motivazioni politiche, alla credibilità internazionale e alla tenuta del governo. Ma, io ritengo, se il presidente del Consiglio fosse costretto a dimettersi domani, le agenzie e i mercati s'interrogherebbero sulla stabilità del sistema politico italiano e sulla sua capacità di fare fronte agli impegni assunti con l'ultima manovra finanziaria. Credo che l'abbassamento del rating dipenda soprattutto dalla constatazione che il Paese non cresce e paga il debito soltanto con imposte sempre più salate: una ricetta che può soltanto garantire un futuro peggiore del presente.

Ma esiste un altro rating , più importante, ed è quello del Paese. Il problema in questo caso è certamente il presidente del Consiglio. Berlusconi è stato per molti italiani una speranza di stabilità politica e dinamismo economico. Oggi quella speranza si è dissolta sotto il peso di una micidiale combinazione di promesse non mantenute, incidenti di percorso, scandali, comportamenti indecorosi e sorprendenti imprudenze. Oggi il maggiore problema italiano è la fine dell'era Berlusconi. Tutti, anche i migliori tra i suoi amici, sanno che l'era è finita e che Berlusconi deve uscire di scena. Ma non vi è ancora un accordo sul modo in cui voltare pagina. Qualcuno spera che la mirabolante e tempestosa storia del cavaliere di Arcore termini in un tribunale alla fine di un processo per corruzione, frode o indegnità morale. Altri sperano in un risolutivo messaggio alle Camere del capo dello Stato. Sono due soluzioni che avrebbero uno stesso effetto: quello di provare l'impotenza della democrazia italiana, la sua incapacità di affrontare il problema con gli strumenti propri di un sistema democratico. Berlusconi deve andarsene, ma in un modo che non faccia violenza alla Costituzione e salvi ciò che della sua fase politica merita di essere conservato.

Penso in particolare al suo partito. Non è interesse di nessuno che una grande forza politica, votata in tre circostanze dalla maggioranza degli elettori, si dissolva. Per evitarlo, per lasciare un segno del suo passaggio terreno, Berlusconi dovrebbe annunciare che non si candiderà più alla guida del governo e che le elezioni avranno luogo nella primavera del 2012. I sette od otto mesi che ci separano dalla prossima scadenza elettorale avrebbero un effetto simile a quello che si è prodotto in Spagna quando Zapatero ha rinunciato al terzo mandato e ha poi anticipato le elezioni al 20 novembre di quest'anno. La sua mossa ha favorito l'intesa con l'opposizione su alcune questioni d'interesse nazionale e ha dato al candidato socialista, il ministro degli Interni Alfredo Pérez Rubalcaba, il tempo necessario per consolidare il suo ruolo al vertice del partito.

I vantaggi per l'Italia sarebbero considerevoli. Daremmo all'Europa e al mondo lo spettacolo di un Paese che è capace di organizzare razionalmente il proprio futuro, magari cambiando (ma non mi faccio grandi illusioni) una pessima legge elettorale. Restituiremmo la parola a un'opinione pubblica che oggi può soltanto manifestare rabbia e insofferenza. Daremmo ai partiti il tempo di prepararsi al confronto elettorale. Confermeremmo a noi stessi che gli italiani possono risolvere i loro problemi con i naturali meccanismi della democrazia. E Berlusconi potrebbe dire, non senza qualche ragione, che il merito di questa transizione è anche suo.

Sergio Romano
21 settembre 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Belle parole ma ... Zapatero non è inseguito dai fuochi d'artificio di inchieste giudiziarie che caratterizzano B. e i reati che è accusato di avere commesso. B. quale non se ne andrà mai, fin quando ha la maggioranza (una qualsiasi) in Parlamento e non scade l'attuale legislatura. E magari si ricandida pure!