giovedì 13 ottobre 2011

Berlusconismo senza B.


di Marco Travaglio

Mentre il mondo piange Steve Jobs e rimpiange le sue geniali allucinazioni che hanno abolito le distanze spazio-temporali della comunicazione, il nostro regimetto è tutto indaffarato intorno a una leggina premedievale che vieta ai cittadini di conoscere gli atti d’indagine e le intercettazioni anche quando sono pubblici. “Pubblici, ma non pubblicabili” è lo slogan dei fascistelli della mutua che ci sgovernano.

Tutt’intorno a loro, il mondo assiste allibito. E anche buona parte dell’Italia che, con tutti i difetti, è molto meglio dei suoi politici. La fuga di massa di un milione e mezzo di telespettatori dalla Rai è una grande prova di maturità. E lo sarà anche l’aumento dell’evasione del canone che, se quest’anno supererà i livelli consueti, andrà attribuita non a un ulteriore crollo del senso civico, ma alla rivolta dei cittadini contro il servizietto privato gabellato da servizio pubblico.

Tra sabato e ieri almeno 20 mila persone hanno versato 10 euro per dar vita a un vero Servizio Pubblico che consenta a Santoro e alla sua squadra di tornare in onda.

Un fenomeno unico al mondo, una notiziona coi fiocchi: infatti, con lodevoli eccezioni come Fazio e Annunziata, nessuno ne parla in tv, né sulla carta stampata.

Ma soprattutto non ne parla, con la lodevole eccezione dell’Idv, la politica. Fino a ieri pomeriggio, l’unico politico oltre a Di Pietro a commentare questa fiumana di cittadini che si tassano per uno spicchio di informazione libera, era tal Giorgio Merlo del Pd, che giustamente nessuno conosce, ma è addirittura il vicepresidente della commissione parlamentare di Vigilanza. Uno di quelli che, con la lodevole eccezione di Vincenzo Vita, si sono astenuti sul demenziale Lodo Butti che impegna la Rai a “sperimentare la doppia conduzione” nei talk show.

Dice il Merlo: “Massimo rispetto per Santoro, la sua professionalità, i suoi guadagni e le sue nuove trasmissioni. Una cosa però dovrebbe essere chiara, fino a prova contraria. Di servizio pubblico radiotelevisivo, pur ammaccato e malconcio, in Italia ne esiste uno solo: la Rai”.

Tralasciamo la volgarità sui “guadagni” di Santoro, peraltro inferiori a quelli dei conduttori preferiti dal regime che più perdono ascolti più incassano (secondo il Merlo, Santoro dovrebbe lavorare gratis). E concentriamoci sulla frase: “Una cosa dovrebbe essere chiara”. Ecco, che questa Rai sia un servizio pubblico, addirittura l’unico, non è chiaro proprio a nessuno, eccezion fatta per i Merli.

Lungi da noi ingigantire l’importanza di questo noto frequentatore di se stesso. Registriamo però che il cosiddetto “maggior partito di opposizione”, il Pd, così impegnato a inseguire le manfrine di preclare figure come Scajola e Pisanu, rimane afasico di fronte a un fenomeno come quello che sta attraversando il mondo della tv: non ha nulla da dire. Infatti non parla nessuno (cioè Merlo). E intendiamoci: se questo silenzio significasse che il Pd ha deciso di disinteressarsi della tv, nel senso di liberarla dal controllo dei partiti (se stesso compreso), sarebbe una buona notizia. Ma non pare questo il caso.

Infatti il primo bavaglio, quello di Mastella, lo inventò il centrosinistra: lo stesso che non risolse il conflitto d’interessi e non sfiorò neppure la legge Gasparri.

Tre settimane fa, il Pd vomitava insulti e scomuniche contro Luca Mercalli, reo di aver parlato contro il Tav a Che tempo che fa. “Ci chiediamo se la propaganda contro la Tav sia un modello di giornalismo da servizio pubblico”, tuonò il solito Merlo. Tal Farinone, sempre del Pd, denunciò un “uso militante della tv contro la Torino-Lione”. Come se esistesse il reato di leso Tav. Il guaio è che anatemi e silenzi derivano da una concezione tutta berlusconiana dell’informazione: che non è un diritto da liberare dai conflitti d’interessi, ma una proprietà privata di tutti i partiti. Il peggio che può capitarci quando B. sarà caduto è proprio questo: il berlusconismo senza Berlusconi.

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