giovedì 13 ottobre 2011

I mal di pancia Pdl stanno guarendo


FRONDISTI PRONTI ALLA RESA PER UN SEGGIO

di Fabrizio d’Esposito

Sabato notte a Saint Vincent, alla lunga tavolata dopo il convegno neodemocristiano del ministro Gianfranco Rotondi, una cinica battuta ha fatto sorridere la maggioranza dei presenti: “Chissà forse ci ritroveremo Scajola vicesegretario del Pdl”. L’ennesima conferma ai sospetti che circolano sui frondisti del tandem democristiano composto dai due ex ministri dell’Interno, Pisanu e Scajola. Arriveranno allo strappo decisivo oppure è solo una questione di posti e di ricandidature per la prossima legislatura? E qual è la vera consistenza, all’interno del Pdl, delle truppe in campo contro il premier? Il tormentone è destinato a durare almeno un paio di settimane. Fino a quando, cioè, prenderà forma quel decreto sviluppo che dovrebbe costituire il terreno su cui rompere e mandare a casa Berlusconi, almeno nei piani dei più ostinati tra i malpancisti scajoliani. Nel frattempo è ricominciata la guerra dei numeri come già alla vigilia della fiducia del 14 dicembre scorso, quando i Responsabili di Scilipoti sostituirono i ribelli finiani e salvarono il governo. Sulla carta i parlamentari della fondazione scajoliana Cristoforo Colombo sono 37 tra deputati e senatori. Alla cena della settimana scorsa, quando è partito il treno del dissenso, erano però venti in meno: 17. In quanti resteranno in caso di rottura, contando che l’apporto di Pisanu è davvero minimo, ossia non più di due o tre senatori?

IL PRESSING in atto in queste ore fornisce alcuni indizi preziosi. E si scopre che almeno in dieci, se non dodici, potrebbero cedere a un ritorno all’ovile dietro la garanzia di un seggio sicuro con il Porcellum alle prossime politiche. È questo il quadro rassicurante che i vertici del Pdl, a partire dal triumviro-sherpa Denis Verdini (sempre all’opera), avrebbero prospettato al Cavaliere. Non solo. Ai frondisti, sempre in tema di ricandidature, sarebbero arrivati segnali negativi dall’Udc. Al punto che uno dei potenziali congiurati si lascia scappare off the record: “Se facciamo cadere Berlusconi abbiamo da guadagnarci solo una soddisfazione morale e basta. Un po’ poco”. Non solo: in queste ore i più scettici sono i fedelissimi di Scajola rimasti alla finestra, circa una ventina: nessuno di loro crede nell’affondo finale.

Anche per questo, allora, le manovre per il trappolone democristiano (a detta di qualche scajoliano prudente “forse troppo sopravvalutate dalla stampa dei poteri forti che vuole mandare il premier a casa a tutti i costi”) avrebbero subìto una brusca frenata. Innanzitutto non ci sarà una nuova cena. Prevista per stasera o al più tardi domani è stata smentita dalla cerchia dell’ex ministro. Dice un senatore vicino a lui: “Non sono stato avvisato. E se non vengo invitato io dubito seriamente che si faccia”. Niente cena. Niente documento, poi, su cui far confluire le firme parlamentari per la “scossa” alla maggioranza. Continuano i malpancisti: “Il documento non esiste ancora. Per il momento ci sono una serie di appunti per riflettere”. Ma a dare il senso della ritrovata cautela dei frondisti sarebbe una lettera riservata che lo stesso Scajola avrebbe mandato a Berlusconi. Nella missiva sarebbe messa nera su bianco anche l’ipotesi di un Berlusconi-bis come possibile gesto di discontinuità. Una richiesta che indebolirebbe ancora di più la sponda centrista di Casini. E così già oggi Scajola potrebbe incontrare il segretario Alfano, che a sua volta ieri ha visto Berlusconi. Due i temi a rischio: da un lato la fronda democristiana, dall’altro il partito del condono contro Tremonti.

NEL COLLOQUIO con Alfano, il capo dei ribelli dc potrebbe anche spostare il tiro dal governo al Pdl. Del resto, le sue richieste incrociano il rilancio chiesto dal governatore lombardo Formigoni e dal sindaco di Roma Alemanno. Dietro lo scudo della “maggiore collegialità”, Scajola potrebbe puntare a un ruolo di primo piano nella gestione Alfano. Una mossa per iniziare a bilanciare il peso di Verdini nella scelta delle candidature per le elezioni politiche. Il problema esiste ed è attualissimo. Come nota un ministro lontano dai microfoni: “Se andiamo a votare nel 2012 perdiamo meglio. Nel 2013 sarebbe peggio”. Una questione di seggi, appunto.

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