giovedì 13 ottobre 2011

SECESSIONE IN PADANIA




L’imposizione di un fedelissimo di Bossi a Varese fa esplodere la protesta e spacca in due il Carroccio

di Davide Vecchi

Qui la Lega di Bossi è nata e qui Bossi l’ha condannata a morte”. A Varese, nella sede numero uno del Carroccio, i telefoni squillano a vuoto. I militanti che fino a domenica per vent’anni hanno tenuto in vita il partito, dalle feste ai comizi, cominciano a disertare. “É la reazione naturale al Soviet, al madornale errore commesso dal Capo”, spiega con assoluta disinvoltura Giulio Moroni, capogruppo del Carroccio in Comune a Varese. Parole che nel Carroccio garantiscono l’immediata espulsione. Lui lo sa, ma garantisce: “Non mi interessa. Perché “se non cambiamo qualcosa, la nostra Lega è destinata a morire”. Come lui la pensano i vertici locali del partito e, soprattutto, i militanti, la famosa base. Quella che da mesi critica il Capo perché continua a sostenere Silvio Berlusconi. La base che vuole Roberto Maroni leader: lo ha chiesto a Pontida, gridato a Venezia e ribadito in ogni occasione utile. Per questo il congresso di Varese era un passaggio cruciale. “Qui l’unico dirigente che la gente salva è Maroni”. E domenica i circa trecento delegati al congresso per eleggere il segretario provinciale volevano esprimere il loro voto “proprio per contarsi”, prosegue Moroni. “E invece Bossi lo ha vietato. Prima ha costretto uno dei due candidati a ritirarsi, poi ha preteso la nomina per acclamazione dello sconosciuto Canton, infine lo ha imposto tra le grida dei presenti”, ricostruisce Moroni. “Una prova di forza inutile e controproducente, Va-rese ora si aggiunge ai territori che non sono più con Bossi”. Bergamo, ad esempio. E ormai tutto il Veneto. A Belluno la scorsa estate il Senatùr è stato costretto ad annullare i comizi per evitare le contestazioni dei dirigenti locali del Carroccio, come a Ponte di Legno. Mentre a Verona ancora non è riuscito a far cacciare dal partito il sindaco Flavio Tosi, additato da Roberto Calderoli e dal cerchio magico alla stregua di un sovversivo. Lui resiste. Mentre il primo cittadino di Varese, il supermaroniano Attilio Fontana, è caduto sul campo colpevole di essersi schierato contro i tagli del governo agli enti locali e costretto al silenzio. Il suo commento su quanto accaduto domenica è emblematico del clima di terrore che il cerchio magico sta cercando di diffondere nel partito: “Ufficialmente dico è andato tutto molto bene, la Lega è unita come sempre”. Dichiarazione che stride talmente con la realtà da dover essere letta al contrario. Ma a Fontana è stato imposto il Bavaglio, che negli ultimi mesi via Bellerio usa con estrema disinvoltura.

I FORUM DEI SITI ufficiali del partito sono chiusi ormai da Aprile, mentre ieri a Radio Padania, per la prima volta nella storia dell'emittente del Carroccio, è stato messo il silenziatore anche ai microfoni: vietato parlare della nomina di Maurilio Canton. Un perfetto sconosciuto al partito. É stato eletto sindaco di Cadrezzate in una lista civica, senza neanche il simbolo della Lega. Mai striscione è stato più vero di quello esposto ieri davanti alla sede provinciale del Carroccio: “Canton segretario di chi? Di nessuno”. Lo conferma anche Gianluigi Lazzarini, 66enne tessera numero quattro del partito qui a Varese. Uno che ha cresciuto Bossi e Manuela Marrone, che qui è stata iscritta fino al 2010. Insomma Lazzarini, oggi maroniano moderato e convinto critico del cerchio magico, l'universo leghista lo conosce bene. Ma non Canton. “Non so neanche che faccia abbia”, ammette. “Quando lo hanno candidato ho chiesto da dove usciva, chi era; mi hanno risposto che era nel partito da vent’anni. Sarà, io ci sono da vent’anni e non l’ho mai visto, si vede che sono distratto io”, afferma Lazzarini. L’ha visto domenica per la prima volta e “non mi è piaciuto perché non ha neanche avuto le palle di salire sul palco a parlare”. Alle agenzie ha invece detto di essere stato scelto da Bossi. “Ed è la verità infatti”, aggiunge Lazzarini. Canton “s'è preso la nomina ed è scappato dal congresso, per me non ha alcuna referenza per fare il segretario provinciale”. Domenica “è stato brutto, la Lega non è questa. È assurdo, siamo ridotti a lottare per avere un minimo di libertà nel partito. Adesso abbiamo idee bellicose, quindi aspettiamo un paio di giorni per analizzare quanto accaduto, oggi sarebbe guerra”. Contro Bossi, ovviamente. Che secondo Lazzarini “ha usato parole non sue ed è stato consigliato male”. Lui, da vecchio militante, il Capo non riesce ancora a criticarlo. Se la prende con Rosi Mauro, Marco Reguzzoni, Giancarlo Giorgetti. Con quanti, “e lo dico con estremo e profondo dispiacere, lo stanno usando”.

LA CONSEGUENZA, anche secondo Lazzarini, “sarà la morte della nostra Lega, i militanti non hanno più voglia di impegnarsi, siamo stanchi e aspettiamo”. Maroni? “Certo, sì”, ammette. Perché qui è nata la Lega vent’anni fa e qui è nata la corrente maroniana. Era l’estate del 2010. Quando in piazza del Podestà Maroni passeggiò sottobraccio ad Andrea Mascetti, il fondatore di Terra Insubre cacciato il giorno prima da Bossi durante il comizio sul sacro prato di Pontida.

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