di Marco Travaglio
Da tempo tributiamo la nostra più sincera solidarietà ai trombettieri berlusconiani – quelli che in tv si spacciano per “giornalisti di centrodestra” – per il Kamasutra logico a cui li costringe l’indefessa attività delinquenziale del padrone. Si tratta, perlopiù, di giornalisti che iniziarono la loro grama carriera come piccoli fans di Andreotti, Forlani, Craxi e altri imputati di Tangentopoli, per poi trasformarsi in turiferari della Real Casa arcoriana. E, fin qui, passi: i mandanti erano pur sempre dei grandi del crimine. Corruzione giudiziaria e non, falso in bilancio, finanziamento illecito, frode fiscale, mafia, inchieste per strage. Roba seria.
Ora però, a fine regime, devono scendere sempre più in basso, per li rami, da quelli alti a sottoterra. Dopo aver difeso, per guadagnarsi la pagnotta, gente come Dell’Utri, Previti, Brancher, Romano, Cuffaro, sono ridotti a fare gli avvocati d’ufficio di Tarantini e Lavitola (e presto gli toccherà difendere pure Juanin, il domestico di Valterino che andava a ritirare le buste coi soldi a Palazzo Grazioli).
Da un mese e mezzo sono lì che spaccano il capello in quattro per dimostrare che gli 800 mila euro versati in nero da B. al pappone-spacciatore Gianpi e al faccendiere Valterino, sedicente imprenditore import-export (o forse import-escort) sono normali transazioni finanziarie, anzi opere di carità.
Ieri, come previsto, hanno preso molto male la decisione del gip di Bari di respingere la richiesta della Procura di revocare l’ordine di cattura per Lavitola. Trattandosi di cronisti giudiziari con almeno vent’anni di servizio, sanno benissimo che il pm propone e il giudice dispone. Anzi, sono esattamente vent’anni che deplorano il presunto strapotere delle procure cattive sui giudici buoni, a discapito della terzietà di questi ultimi, che verrebbero così indotti a dare sempre ragione a quella che essi chiamano “l’accusa” (mentre in Italia il pm, come il giudice, è un organo di giustizia, chiamato a ricercare la verità, non ad accusare qualcuno purchessia, dunque è bene che faccia parte della stessa carriera del giudice nell’Ordine giudiziario). Ora però che il gip di Bari vuole arrestare Lavitola contro il parere del pm, si rimangiano tutte le giaculatorie sul “giudice terzo” e si schierano apertamente con
Ieri per esempio il Giornale di Olindo Sallusti titolava in prima pagina: “La guerra tra Procure manda in cella Lavitola”. Otto parole, due cazzate: a Bari non c’è alcuna guerra tra Procure, visto che di Procura ce n’è una sola e s’è vista dare torto da un gip; e Lavitola non va in cella per la semplice ragione che, come gli suggerì il premier B. avvertito da Panorama, è latitante.
Anche Libero è sinceramente stupefatto dal gip che smentisce il pm: “I pm di Bari vogliono Lavitola libero, il gip però si oppone”. Ma poi si limita a sottolineare il caos di competenze (frutto di leggi assurde scritte dai politici, non certo dai magistrati) che impegna sullo stesso caso le procure di Napoli, Roma, Bari e Lecce.
Il Giornale invece sguinzaglia due dei suoi migliori segugi, Chiocci e Di Meo, per spiegare che è “una cosa mai vista prima, con giudici che smentiscono pm”. E per tentar di dimostrare che, fra il pm e il gip, ha ragione il pm. Può darsi, ma la legge dice che fra il pm e il gip prevale il gip. Naturalmente l’improvvisa fregola del Giornale per i pm vale solo per quelli di Bari, e nemmeno tutti: non per Pino Scelsi, che avviò l’inchiesta Tarantini, ma per il nuovo procuratore Laudati e i suoi fedelissimi, che esautorarono Scelsi e la misero in freezer scongelandola solo quando
Si attende ora la nuova riforma epocale della giustizia: quando il pm fa quello che vuole B., le sentenze le fa lui senza scomodare i giudici, immediate e inappellabili.
La riforma del regime breve.
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