mercoledì 26 ottobre 2011

La giornata decisiva di Bruxelles Tre sfide da vincere per salvare l’Europa


LEONARDO MARTINELLI

Frenare il contagio greco verso l'Italia e la Spagna, risolvere una volta per tutte il 'problema Atene' e ricapitalizzare urgentemente le banche dell'Eurozona: il vertice di oggi ruoterà su questi punti, da cui dipende la sopravvivenza dell'Unione

“Mai l’Europa è stata così vicina all’esplosione”. Lo ha detto ieri sera ai suoi collaboratori Nicolas Sarkozy, secondo il sito del quotidiano Les Echos. Il vertice di oggi a Bruxelles non comincia proprio sotto i migliori auspici. La giornata è decisiva per l’Europa. Bisogna trovare (e in fretta) una risposta a tre sfide principali. E devono trovarla soprattutto Sarkozy e la Merkel, i due “grandi”. L’Italia è ormai ridotta al ruolo di comprimario. Che aspetta solo che le si conceda di salvarsi la pelle.

Ecco quali sono nel concreto le tre sfide (più alcuni dubbi sui compromessi possibili):

Frenare il contagio greco verso l’Italia e la Spagna Per centrare quest’obiettivo si deve ricorrere al Fondo salva-Stati (Efsf), creato d’urgenza l’anno scorso. La sua dotazione attuale, però, non è sufficiente: si tratta di “appena” 440 miliardi di euro (in realtà ne restano solo 250, gli altri sono già stati impegnati durante la tempesta finanziaria degli ultimi mesi). Come fare? La Francia puntava a trasformare l’Efsf in una vera e propria banca, abilitata a finanziarsi (e senza limiti) presso la Banca centrale europea. Ma la Germania ha opposto il suo niet: sarebbe troppo complicato (diventerebbe necessaria una riforma dei trattati europei) e troppo poco rigoroso (gli Stati più indebitati, Italia in primis, avrebbero la sensazione di poter contare sempre sul “pompiere” Bce, riducendo gli sforzi per risanare i conti). Le alternative allo studio sono due: ricorrere a un “effetto leva”, per cui l’Efsf potrà garantire una quota dei debiti sovrani più traballanti. Oppure creare un fondo speciale, una struttura autonoma sotto l’egida del Fondo monetario internazionale, al quale potranno contribuire fondi sovrani e privati di tutto il mondo (e soprattutto dei Paesi emergenti). In entrambi i casi la speranza è generare finanziamenti di almeno mille miliardi. E, per i più ottimisti, fino a 2.500. Si tratterebbe comunque del “prestatore di ultima istanza” invocato ieri da Berlusconi. Alcuni dubbi: se prevale la prima opzione, si pensa di garantire il 20-25% delle obbligazioni emesse dai Paesi a rischio, ma non sarà troppo poco? E come evitare le distorsioni sui mercati, provocate dall’esistenza di bond già in circolazione non garantiti e gli altri, invece, provvisti di assicurazione? Nel caso della seconda opzione, invece, quanto si può realmente raccogliere sui mercati?

Risolvere una volta per tutte il problema greco Bisogna rimettere mano al secondo piano di salvataggio della Grecia, deciso al vertice del 21 luglio. Allora i dirigenti della zona euro avevano promesso 109 miliardi di euro di prestiti pubblici (fra Europa e Fmi). E’ praticamente sicuro: non basteranno. Bisogna rivedere la cifra al rialzo. Non solo: alle banche saranno richiesti sacrifici maggiori. Avevano accettato una svalutazione del 21% del valore nominale dei bond ellenici. La quota sarà di sicuro aumentata. Ma di quanto? La Merkel vorrebbe arrivare al 60%, la lobby bancaria europea punterebbe al 40%. E Sarkozy (timoroso per i colossi del credito francesi, i più esposti d’Europa nei confronti della Grecia) vorrebbe limitare al 50%. Alcuni questioni: come potranno le banche greche, che detengono il 20% del debito sovrano del loro Paese, ma che sono già in difficoltà, sopportare haircut così elevati? E come fare per un terzo del debito greco (in tutto 350 miliardi) nelle mani di investitori pubblici (Europa e Fmi) non soggetti alla svalutazione?

Ricapitalizzare urgentemente le banche europee Visto il punto precedente, gli istituti di credito avranno bisogno di nuova liquidità. A tale proposito i negoziati sono avanzati e, per una volta, la Merkel e Sarkozy viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. L’obiettivo è imporre agli istituti di credito europei di arrivare in pochi mesi a un Core Tier 1 (il patrimonio “duro”, inattaccabile) pari al 9% del capitale totale, livello giudicato necessario per evitare fallimenti a catena. In soldoni, secondo le stime Ue, occorreranno 108 miliardi di euro. Solo in ultima istanza le banche potranno ricorrere all’Efsf per gli aumenti di capitale. Alcuni dubbi: perché il Fondo monetario internazionale ha invece stimato necessari 200 miliardi? E Crédit Suisse 225? E Goldman Sachs 298? E cosa succederà se una svalutazione sarà imposta anche per i bond spagnoli o italiani?

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