PETER GOMEZ
Adesso rischiamo davvero grosso. Il naufragio è realmente più vicino. Mentre con l’ultima asta dei Btp l’interesse sui titoli di Stato schizza al livello record del 6,06%, il Titanic Italia resta pilotato da un uomo (che appare) ormai in avanzato stato confusionale. Da un premier (che non sembra) più in grado di soppesare le conseguenze delle proprie affermazioni.
Prima il presidente del Consiglio boccia l’Euro durante un discorso davanti alla platea degli Stati Generali del commercio estero.
Lì davanti alle telecamere dice testualmente che “l’attenzione sull’Italia deriva dal fatto che c’è un attacco all’Euro che non ha convinto nessuno come moneta. E in effetti è una moneta un po’ strana, perché è una moneta non di un solo Paese, ma di tanti Paesi messi assieme, che però non hanno un governo unitario dell’economia, e che non ha alle sue spalle una banca di riferimento e di garanzia. È un fenomeno che non si era mai verificato e quindi l’Euro di per sé si presenta come moneta attaccabile dalla speculazione internazionale”.
Poi quando esplodono le polemiche, e il Quirinale va su tutte le furie, innesta un’incredibile, ma in realtà solo parziale, marcia indietro. “Come al solito”, scrive in una nota , “si cerca di alzare pretestuose polemiche su una mia frase interpretata in maniera maliziosa e distorta. L’Euro è la nostra moneta, la nostra bandiera. E’ proprio per difendere l’Euro dall’attacco speculativo che l’Italia sta facendo pesanti sacrifici. Il problema dell’Euro è che è l’unica moneta al mondo senza un governo comune, senza uno Stato, senza una banca di ultima istanza. Per queste ragioni è una moneta che può essere oggetto di attacchi speculativi”.
Ora il punto non è che Berlusconi conduca pubblicamente riflessioni sull’Euro, mischiandole ai consueti attacchi alla magistratura e a tutte le istituzioni di controllo. Quello che ha detto su una moneta unica di uno Stato che non esiste è in parte vero. Non è però vero che l’Euro non abbia “mai convinto nessuno”. E soprattutto anche un broker alle prime armi capirebbe che prendersela con la valuta europea, mentre è in corso una tempesta finanziaria come questa, è un sistema sicuro per peggiorare ancora la situazione. Per spingere non solo l’Italia, ma l’intera Unione, se non verso il default, almeno verso una nuova ondata di speculazione. Proprio quello che a parole (ma non con i fatti) il premer sostiene di voler evitare.
Per questo è il caso di andare oltre le apparenze. E di ricordare che il centro-destra è da sempre anti-europeista e che Lega, più volte in passato, si è pubblicamente schierata per il ritorno alla lira, in modo da poter svalutare la moneta nella speranza di recuperare competitività. Nel 2005 l’allora ministro del welfare, Roberto Maroni, aveva persino proposto di far votare ai cittadini l’uscita dall’Euro.
Così oggi, nella mente di molti esponenti della maggioranza – e in quella di Berlusconi che si sente offeso da Merkel e Sarkozy -, sta riprendendo corpo l’idea di far saltare tutto facendo la guerra a Bruxelles. Di tornare, traumaticamente, ai tempi e alla valuta antica.
Che questa sia la soluzione giusta per un Paese al collasso è, per usare un eufemismo, del tutto opinabile (le materie prime e petrolio si pagano, tra l’altro, ancora in dollari). Ma il progetto piace. Parecchio. Sia a chi fa politica, che sulla battaglia contro la valuta unica e gli odiati euroburocrati può impiantare un’intera campagna elettorale. Sia a chi in questi anni ha fatto tanti, e spesso oscuri, affari.
Anche perché nei conti esteri dei paradisi off-shore i soldi vengono depositati in dollari. E senza l’Euro, o con un Euro debolissimo, per quei ricchi Paperoni, sarebbe davvero tutta un’altra musica.
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