lunedì 3 ottobre 2011

Meredith, a Perugia l'ora della verità Amanda piange: "Innocente e tradita"



«Voglio solo tornare a casa» dice con la voce rotta dall’emozione Amanda Knox: «Non voglio essere punita per qualcosa che non ho fatto». Per Raffaele Sollecito è invece arrivato il momento di togliere quel braccialetto con scritto il suo nome e quello della ex fidanzata «liberi». Un «piccolo omaggio» che vorrebbe fare alla Corte ed invece finisce nella borsa del suo difensore Giulia Bongiorno.

Sono un concentrato di emozioni le dichiarazioni spontanee dei due prima che la Corte di Perugia si ritiri in camera di consiglio. Perché «oggi il giorno della vostra sentenza», non quello «dell’ordalia» come dice l’avvocato Luciano Ghirga, l’ultimo dei difensori dell’americana a prendere la parola. «Voi farete una sentenza giusta e legittima», ripete al collegio.

SOLLECITO: MAI MALE A NESSUNO
Poi è Sollecito, camicia scura aperta sul collo a jeans, a prendere la parola. «Scusate sono un po' teso, il momento è un po' critico» spiega per giustificare l’emozione, aiutandosi con degli appunti. «Quello che riuscirò a dire - afferma - è niente rispetto a quanto vorrei. Vorrei riuscire a comunicare quanto sto soffrendo negli ultimi anni». «Non ho fatto del male a nessuno - sottolinea -, mai nella vita. Ho sempre pensato che si sarebbe chiarito tutto nel giro di poco. Così non è stato. Ho dovuto sopportare giorno per giorno, come se vivessi in un incubo dal quale però non esiste risveglio». Sollecito ricorda quindi di essere stato definito dall’accusa come «il fidanzato di Amanda che uccide per niente, il signor nessuno», come detto dai suoi avvocati.

«C’è la Venere in pelliccia - prosegue - che lo plagia e gli dà ordini, qualcuno che lo veste dark o gli mette in mano una pietra o un coltello. Quello che è successo in questo processo. Per questo signor nessuno viene chiesto il carcere a vita o addirittura la pena di morte». Sollecito dice che però «ogni giorno in carcere, alla fine di ogni giorno è già una morte». «Ho sentito dire che avrei accusato Amanda - spiega Raffaele - ma è completamente falso (riferendosi alla notte dell’arresto in questura - ndr). L’unica volontà in quei verbali è quella mia di Amanda di uscire dalla questura per andare a casa per trovare l’aiuto di qualcuno». Sollecito rivendica quindi di non conoscere Guede. «Conosco meglio voi della Corte - dice -, almeno vi ho visto 15-20 volte. Io e Amanda - prosegue - siamo in carcere di più di mille e 400 giorni trascorsi in uno spazio di due metri e mezzo per tre. Una situazione talmente drammatica in cui anche piccole cose hanno un’importanza fondamentale: una carezza, una parola di conforto, un abbraccio. Delle tenerezze che riescono per un momento a far dimenticare problemi che affrontandoli ogni giorno insormontabili».

Raffaele ricorda poi le difficoltà delle famiglie, quella di Amanda che «viene da Seattle» e la sua che «ha fatto sacrifici immensi per affrontare questo processo». Torna poi alla sera del primo novembre, quella dell’omicidio. «Ero in una situazione bellissima - spiega - perchè da lei a pochissimi giorni avrei discusso la tesi di laurea. Avevo appena conosciuto Amanda Knox, una ragazza bella, solare, vivace e dolce. Eravamo liberi da impegni e volevamo solo passare una serata di tenerezza e coccole. Solo questo. Niente di più». Pensa poi a un «piccolo omaggio con scritto Amanda e Raffaele liberi, mai tolto e nel quale sono concentrate una serie di emozioni». «C’ è il desidero di libertà - ribadisce - ma anche di affetto e tenerezza con Amanda. Penso sia arrivato il momento di toglierlo perchè rappresenta in qualche modo il passato mentre spero che per me e Amanda ci siano nuove speranze per un nuovo futuro».

AMANDA: CONTRO DI ME ACCUSE INGIUSTE E SENZA FONDAMENTO
Più tesa ed emozionata di lui è apparsa la Knox. «È stato detto che sono una persona diversa - afferma - da quella che sembro. Non si capisce chi sono... Ho perso un’amica nel modo più brutale e inspiegabile possibile. È stata tradita la mia fiducia nella polizia. Ho subito accuse ingiuste e senza fondamento. Sto pagando con la mia vita per colpe che non ho commesso. Quattro anni fa ero più giovane ma anche "fondamentalmente". Non avevo mai affrontato tanta sofferenza. Non sapevo affrontarla. Così mi sentivo quando ho scoperto che Meredith era stata uccisa. Non riuscivo a credere come era possibile». Amanda ha parlato di paura per l’omicidio di una persona che «aveva la camera del letto accanto alla mia». «Uccisa nella nostra casa - aggiunge - e se io fossi stata là quella sera sarei morta come lei. Ma io non c’ ero. Ero da Raffaele. Per fortuna che c’ era lui perchè non avevo nessuno. Lui era tutto per me in quel momento». «Avevo un senso di dovere - dice ancora la Knox - di fronte alla giustizia e all’autorità di cui mi fidavano perché loro erano là per trovare il colpevole e per proteggerci. Mi fidavo cecamente e assolutamente. Quando mi sono resa disponibile sono stata tradita. La notte del 5-6 novembre, quella dell’arresto, non sono stata solo pressata. Sono stata manipolata. Io non sono quella che dicono, la perversione, la violenza, il dispetto per la vita. Non ho ucciso, non ho violentato non ho rubato. Non ero là. Non ero presente a questo crimine».

Amanda rivendica il «buon rapporto» con tutte le coinquiline di via della Pergola. «Ero disordinata - spiega - e spensierata ma avevamo buoni rapporti. Condividevo la mia vita soprattutto con Meredith, eravamo amiche e lei si preoccupava per me quando andavo al lavoro. È stata uccisa e sempre ho voluto la giustizia per lei. Io non fuggo dalla verità e non sono mai fuggita. Io insisto per la verità. Dopo quattro disperati insisto sulla nostra innocenza perchè è vera e merita di essere difesa e riconosciuta». «Voglio tornare a casa - ripete Amanda con la voce rotta dal pianto -, voglio tornare alla mia vita. Non voglio essere punita per qualcosa che non ho fatto. Io sono innocente. Raffaele è innocente. Noi meritiamo la verità». La Corte d’assise di Perugia riunita in camera di consiglio sta decidendo il loro futuro. La sentenza è prevista per questa sera intorno alle 20 ma i giudici si sarebbero già organizzati per farsi portare anche la cena sempre in Camera di consiglio.

Dalle 5 di questa mattina fotografi e operatori hanno iniziato la loro lunga attesa in Piazza Matteotti a Perugia, sede della Corte d'Appello. Gli accrediti hanno superato le 500 unità; alberghi pieni nel centro storico. Moltissimi i giornalisti americani, accorsi per raccontare il destino della loro connazionale Amanda Knox. La studentessa di Seattle e Raffaele Sollecito si trovano in carcere dal 6 novembre del 2007, 4 giorni dopo la scoperta, nella casa di via della Pergola, del corpo privo di vita Meredith. E ora, dopo 1448 giorni di prigione, sperano.

La famiglia di Meredith: «Le prove ci sono, confidiamo nella giustizia"
«Le prove per chiarire chi ha ucciso Meredith Kercher ci sono: la polizia, i giudici e gli inquirenti ci stanno lavorando, abbiamo fiducia in loro e dobbiamo solo aspettare». Così la sorella della studentessa inglese uccisa 4 anni fa, Stephanie, ha risposto in una conferenza stampa a Perugia organizzata in attesa del verdetto della Corte d'Assise d'appello.

La prima condanna di Amanda e Raffaele, ha continuato, «è l'unica prova che ora abbiamo: siamo stati soddisfatti allora e non è cambiato nulla. Loro avevano diritto all'Appello, funziona così in Italia. Abbiamo fiducia, è giusto così, ma non sappiamo veramente cosa è successo. Non lo sapremo finchè qualcuno non verrà avanti a dirlo». Stephanie ha voluto ricordare che «si tratta di un processo di Appello». Anche la madre di Meredith, Arline, parlando della perizia super partes disposta dalla corte di Appello - che ha smontato quella presentata in primo grado dai periti della procura - ha manifestato dubbi, sottolineando che secondo quella perizia «tutte le prove erano sbagliate, non un elemento specifico. Come a dire che la polizia aveva sbagliato proprio tutto». «Ora - hanno concluso i familiari - non resta che aspettare fino a stasera e vedere cosa succede».

5 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

NON RIESCONO A RESTARE SERI NEMMENO IN CORTE D'ASSISE. BASTA GUARDARE LE FOTO E I VIDEO. RISCHIANO L'ERGASTOLO, GIA' APPLICATO IN PRIMO GRADO E SORRIDONO: INCREDIBILE.

Pixia61 ha detto...

Sai ho pensato la stessa cosa anche io...e poi mi domandavo ma dopo il processo d'appello non c'è il giudizio finale della cassazione?! ...scua ma non sono molto ferrata in questo :)...comunque sia la povera Meredit non si è certo uccisa da sola!!!

p.s.Sto lavorando per ripristinare i grilli nel blog :) ....ti farò sapere via email!! :)

Anonimo ha detto...


Liberi!

Madda

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

...ma antipatici. In I° grado la condanna era stata a 24 anni. Adesso ci sarà la Cassazione.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

@ Pixia, confermo, il terzo grado di giudizio è la Cassazione, la quale però giudica solo la legittimità della sentenza (cioè se le regole processuali sono state rispettate) non il merito (cioè se l'omicidio l'hanno commesso o meno).
Vedrai che l'omicida, l'extracomunitario di pelle nera già in carcere, di nome Rudy Guede, già condannato con rito abbreviato (e quindi con sentenza irrevocabile) per concorso nell'omicidio di Meredith, subirà una revisione del processo ed una condanna più pesante dell'attuale (30anni), cioè l'ergastolo.