SARA NICOLI
I vertici del Pdl accolgono Berlusconi di ritorno da Cannes con una comunicazione allarmata sui numeri della maggioranza in vista del prossimo voto di fiducia. Il coordinatore: "Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”. Paradossalmente, a salvare il governo anche martedì, potrebbe essere l'effetto dell'appello di Napolitano sulla credibilità del Paese, che deve evitare di entrare in esercizio economico straordinario
Quattro giorni all’alba. Cioè, quattro giorni alla fine del ventennio berlusconiano. Roba da non crederci, tanto che ieri sera, tornato fresco da quello che lui considerava l’ennesimo successo internazionale a Cannes, credeva davvero di essere davanti a quattro matti che gli raccontavano di un incubo incomprensibile ai suoi occhi e alle sue orecchie: “Silvio, la maggioranza non c’è più”. Gliel’avesse detto un altro, al Cavaliere, che il suo tempo politico era finito, questione di ore più che di giorni, ecco lui l’avrebbe licenziato con il solito sorrisetto sardonico di chi ne sa di più. E, invece, sentirselo dire daLetta, Bonaiuti, dallo sguardo vitreo del delfino di cartone Angelino Alfano e, soprattutto, da Denis Verdini, è stato un colpo anche per Berlusconi.
Raccontano che ieri sera, a palazzo Grazioli, assenti i suoi “famigli” come Valentino Valentini e il neo deputato Luca D’Alessandro, entrambi maratoneti a New York, il Cavaliere sia rimasto silenzioso per qualche minuto a guardare nel vuoto, gesto quantomeno inusuale durante questi mini vertici della nomenklatura più stretta dove lui, di solito, detta la linea e gli altri stanno zitti e prendono appunti mentalmente. Invece, ha parlato Verdini. Lapidario. “Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”.
Certo, che schiaffo. Vedere la propria condanna firmata da quelli che lui ha sempre considerato mezzecalze, gente di poco conto, buoni solo per la propaganda e ad obbedir tacendo, quelli che si sono fatti belli in tv (Stracquadanio, per esempio) solo perché lui ce li ha mandati a difendere la sua immagine. Oppure una come la Bertolini, uno come Mazzuca, incapaci di qualunque azione autonoma. Prima di oggi, prima di ieri.
Insomma, il regno crolla. Verdini li ha contati e ricontati. Ha provato – senz’altro – con il solito sortilegio del denaro, dell’offerta, dell’incarico di privilegio, ma niente da fare; i numeri parlano chiaro. Da una maggioranza di 316 dell’ultima fiducia del 14 ottobre, si è passati di schianto a quota 306, per colpa di questi “maiali”, li ha chiamati Cicchitto – ma pare che il suggerimento del vocabolo sia direttamente del Cavaliere – che visto il baratro “preferiscono rifarsi una verginità subito – sempre parola di Cicchitto – per paura di essere travolti e non riemergere più”.
Adesso si va allo show down, quindi. Martedì, in aula, ripassa per la seconda volta il rendiconto dello Stato, quello già bocciato l’11 ottobre scorso “per una svista”, si è sempre detto nel Pdl, perché erano tutti alla bouvette a bere il caffè e il governo è andato sotto sull’articolo 1. L’hanno riscritto, lo hanno fatto ripartire velocemente dal Senato e martedì 8 novembre sarà di nuovo lì, alla Camera. Tutti vorrebbero vederla questa scena di Berlusconi che assiste al tramonto del suo regime mentre il tabellone dell’Aula impietosamente sancisce che no,
E’ da settimane, d’altra parte, che al Colle si lavora, sottotraccia, per dare forma ad un nuovo esecutivo e ad una maggioranza solita che possa traghettare il Paese a fine legislatura (o anche solo fino a giugno) in modo da portare a termine le misure che l’Europa (e anche il mondo, a questo punto) hanno chiesto con grande forza all’Italia “commissariata dal Fmi” . Nei giorni scorsi, per esempio, Napolitano ha visto Mario Monti. Con il professore varesino il Capo dello Stato ha un’antica consuetudine, ma l’incontro dei giorni scorsi non è passato ovviamente inosservato. Pare che, nell’occasione, Napolitano abbia chiesto a Monti persino un elenco di nomi di possibili ministri, trovando un interlocutore già molto preparato sulla materia, ma il colloquio si è poi fermato lì: ad un nuovo governo serve anche una maggioranza che lo sostenga. E, in questo caso, non si può fare i conti senza
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