di Giorgio Gori
Caro Direttore, nel suo odierno editoriale sul Fatto Quotidiano (“Renzinvest”) Marco Travaglio mette in fila una corposa serie di inesattezze sul mio conto:
1) non è vero che io sia stato il “regista della Leopolda”, e tanto meno l'estensore delle Cento idee. All'evento ho portato il mio contributo come decine di altre persone, tra l'altro non occupandomi minimamente degli aspetti di “messa in scena”. Quanto alle Cento idee, sono state raccolte prima e durante la manifestazione, e il mio pc è solo servito ad assemblare fisicamente il documento messo in rete. Ho scritto solo le due proposte sulla Rai.
2) è assai discutibile che io possa essere definito un “berluschino”, tanto per le mie idee, quanto per aver lasciato Mediaset più di dieci anni fa. A meno che Travaglio usando lo stesso metro, non sia pronto a definire “berluschino” anche Enrico Mentana, che ci ha lavorato ben più a lungo di me, o Antonio Ricci e Da-vide Parenti (che ancora ci lavorano), e financo Santoro,
3) è falso che io abbia mai bazzicato gruppi di destra. Al liceo ho militato in un gruppo studentesco di ispirazione laica e riformista, “Azione e Libertà”, che si riuniva nella sede del Partito repubblicano (Travaglio definirebbe Ugo
4) è falso che io sia stato “adocchiato da Craxi”, che per questo sia diventato craxiano o che questo mi abbia procurato dei vantaggi nel Gruppo Fininvest. Non ho mai conosciuto Craxi ed è invece vero che l'ho votato, in alcune libere elezioni. In ogni caso negli Ottanta al Gruppo Fininvest si veniva assunti e si faceva carriera non per appartenenza politica ma per capacità.
5) non è vero che la campagna “Vietato Vietare” fosse “roba mia”: non ne ebbi infatti alcuna paternità né merito.
6) è totalmente falso che Canale 5, che allora dirigevo, sia stata “la portaerei che nel '94 lanciò Forza Italia”. È vero il contrario (come possono provare i palinsesti di quel periodo) e fu anzi proprio a causa della mia indisponibilità nel mettere “a disposizione” la rete – accompagnata dalle analoghe e più autorevoli posizioni di Mentana e Costanzo – che mi scontrai in quei mesi con Berlusconi e sostanzialmente interruppi con lui i rapporti. La mia posizione, contraria a un uso politico della televisione, è chiaramente rappresentata in una mia ampia intervista sul Corriere della Sera del '94.
7) è vero che fui in prima linea nella campagna contro i referendum che nel '95 avrebbero strozzato Mediaset, ed è una scelta che rivendico, nella costante convinzione che il pluralismo si ottenga aprendo i mercati e non uccidendo le aziende.
8) è falso che qualunque rete da me diretta, finché sono stato a Mediaset, sia mai lontanamente stata “il braccio armato di un partito”. Anche qui, basta chiedere a Mentana che c'era. E poi credo che parlino i fatti, o meglio i titoli dei programmi trasmessi o varati in quegli anni: da Striscia
9) e veniamo ai giorni nostri: è falso che a Firenze, sul palco della Leopolda, non si sia parlato di giustizia e di mafia. Sul palco tra gli altri sono infatti saliti Aldo Pecora (il fondatore di “Ammazzateci tutti”), Maurizio Artale (Centro Padre Puglisi), Valentina Fiore (Cooperativa Placido Rizzotto), Giovanni Pagano (Centro Pio
È quanto. Io capisco che Matteo Renzi possa stare antipatico, e a maggior ragione lo posso risultare io, soprattutto da quando ho manifestato il mio sostegno al sindaco di Firenze. Ma questo non autorizza nessuno, neanche un giornalista che stimo come Marco Travaglio, a manipolare la mia biografia.
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