domenica 13 novembre 2011

La minaccia continua: “Li affondo quando voglio”



LA RESA SU LETTA, LE FEDELISSIME DISPERATE E L’USCITA DI SCENA TRA FISCHI E MONETINE

di Luca Telese

Quella faccia. Quella faccia non te la scordi. L’ultimo giorno del “ventennio breve” arriva come un temporale sulla faccia di Silvio Berlusconi. Come una moviola accelerata che si chiude nell’aula di Montecitorio, nel senso estraniante e paradossale del dramma, la faccia di Berlusconi che guarda il tabellone elettronico, e segna sul foglio di carta con la penna, e poi riguarda quel tabellone, e poi il foglio di carta, come a cercare di far quadrare una somma che non torna. Non può che essere così: diciassette anni di governo che finiscono, nella maschera pietrificata e interdetta di uno che ancora non si capacita all’idea, non si possono sommare alla vita che continua. E poi la salita al Quirinale faticosissima, in tarda serata, dopo aver ammesso nell’ufficio di presidenza del Pdl, scuotendo la testa: “Il Pd, la sinistra, non vuole accettare la presenza di Gianni Letta vicepremier”. È il nodo intorno a cui tutto il dramma si articola . L’ultima battaglia da combattere. Oppure la faccia esposta, con grande sforzo nelle due ore di pranzo con Mario Monti?

L’illusione dei numeri

La giornata più lunga di diciassette lunghi anni corre velocissima, in modo incoerente, con tanti finali. Il momento del voto sul collegato alla Finanziaria, per esempio. Le luci rosse (quelle dell’Italia dei Valori) le luci verdi (380, tantissime, quelle del Pdl e del Terzo polo compatte), le luci che non si accendono (quelle del Pd che – presente in aula – non vota). Dall’alto della tribuna mi sporgo per vederlo meglio quello sguardo di stupore, anche quando si spengono le telecamere di Radio Aula. Nemmeno io credo alla faccia incredula. Non è la faccia che immaginavo, per la fine di un’epoca. È come se in quel momento Berlusconi stesse pensando che lui la maggioranza ce l’ha ancora. Che con 380 voti si potrebbe ancora governare. L’altro sottofinale è un fotogramma interrotto dai lampi delle telecamere alle sette di sera: sono i fischi all’uscita da Palazzo Chigi. Fischi e applausi, ma tanti fischi e anche qualche monetina, nel grande Barnum delle tifoserie che si radunano nella notte intorno ai Palazzi, come calamitati sul palcoscenico delle istituzioni, nell’atto finale di una storia sincopata. Ma forse il momento più drammatico di Silvio Berlusconi, ieri è stato un altro: la riunione finale dell’ufficio di presidenza del Pdl, prima di cena. Il vero gran consiglio, il 25 luglio che cade il 12 novembre. La vera resa dei conti, la riunione dei lunghi coltelli che inizia con una decisione scritta (sostenere Mario Monti), ma anche con un possibile colpo di scena, quello che i fedelissimi gli chiedono ancora una volta al Cavaliere di stupire, di far saltare il tavolo.

“Sei come Wojtyla”

A Palazzo Grazioli i ministri del No, reduci del bagno di folla di Milano, con Giuliano Ferrara e Alessandro Sallusti a suonare la carica, puntano ancora una volta i piedi. Ed è un’altra faccia di Berlusconi che entra nella storia della giornata, quella che tutti vedono quando è attraversato da questo pensiero, mentre Daniela Santanchè dice alzando la voce: “Se votiamo il governo Monti siamo finiti! Se non lo votiamo si apriranno davanti a noi delle praterie, e vinceremo le prossime elezioni!”. E lui che prova a rassicurare: “Siamo in grado di staccare la spina a Monti quando vogliamo...”.

Oppure la faccia che resterà era quella del sorriso di cordialità con cui Berlusconi aveva accolto a pranzo Mario Monti? Ore 13: l’orologio della politica è come se si fermasse, in Transatlantico, tutti che aspettano il verdetto, tutti che ripetono: che altro potrebbe fare, stavolta, se non arrendersi? Sei diventato il Caimano perché tutti sanno che hai fatto saltare qualsiasi tavolo, e adesso, davanti alla formale calligrafia di un atto di sottomissione, Monti apparentemente è l’autore di un gesto di galateo, ma sembra come un generale che viene a ottenere la dichiarazione di resa . Mariarosaria Rossi, detta “Eva Braun”, la deputata più vicina a Silvio Berlusconi, scuote la testa: “A Gianni Letta non possono dire di no. Gianni Letta non è un politico, lui è un tecnico come tutti gli altri”. Annagrazia Calabria, la presidente dei giovani azzurri ripete: “Qualunque cosa farà lo seguiremo”. Ancora la Rossi: “Siamo entrati in politica perché c’era Silvio. Io sono stata segnata, come molti italiani, da due grandi personalità: Karol Wojtyla, e Silvio Berlusconi”.

La trattativa fallita

Il pranzo non è l’epilogo perché è parte della battaglia: Berlusconi vuole certezze, garanzie, la presenza di Letta nel governo come cardine di qualsiasi possibile alleanza. Monti risponde no. Così come D’Alema aveva ripetuto sicuro, alla buvette di Montecitorio: “Non è una cosa che noi possiamo accettare”. Insomma, è proprio in mezzo alle porcellane di quel pranzo, che il finale già scritto dell’ultimo giorno sembra riaprirsi. Berlusconi torna in aula furibondo, senza dire una parola, i deputati del Pdl applaudono al suo ingresso e intonano l’ultimo coro: “Silvio, Silvio!, voto, voto!”. Il ministro Romano scuote la testa: “Dobbiamo votare no”. Ci sono Michela Brambilla e Daniela Santanchè. C’è la Meloni, che solca il Transatlantico annunciando che “non sottoscriverò il certificato di morte della politica in questo paese”. Monti imposto dai mercati, Monti blindato da Napolitano, Monti che non fa prigionieri. Guardi quella faccia stupita e pietrificata in aula, e capisci che tutto questo è sul suo viso. Nel giorno in cui – con la parola dimissioni – finisce davvero il ventennio breve.

2 commenti:

BocchiglieroOltre ha detto...

non 380 ma 308, e poi siete così felici da festeggiare con lo spumante, si vergoni Bersani, che sono tre anni che dice solo le stesse cose"dimettiti", ma le ricette per governare dove sono???, e poi la sinistra italiana non ha i numeri per governare l'Italia.
Piero

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Piero, i numeri sono: 380 voti per la legge di stabilità, 308 per l'approvazione del Rendiconto Generale dello Stato per l'anno 2010.
La prossima volta informati meglio.