mercoledì 9 novembre 2011

Silvio Berlusconi si dimetterà dopo l’approvazione della legge di Stabilità


Il presidente del consiglio si farà da parte dopo il via libera del Parlamento alle misure anti crisi. Sul maxi emendamento, però, il Pd pone alcuni dubbi. "Vigileremo sul contenuto" ha detto Bersani

Silvio Berlusconi è un premier ‘a scadenza’: si dimetterà dopo l’approvazione della legge di Stabilità, ma in realtà si è fatto da parte già oggi. Lo ha promesso al capo dello Stato, ma sul passo indietro pesa il dubbio legato alla bocciatura da parte della Ue della lettera anti-crisi portata al G20 di Cannes. Il maxi-emendamento alla legge di Stabilità, infatti, è stato scritto prima del parere negativo espresso il 4 novembre dall’Europa: il Parlamento, a questo punto, cosa dovrà votare? Un documento nuovo (in cui magari inserire di tutto) o un provvedimento nato già morto? E quale sarà la strategia dell’opposizione ? Votare qualsiasi misura pur di ratificare l’uscita di scena promessa da Berlusconi o stoppare tutto, con gravi ripercussioni sui mercati? Pier Luigi Bersani ha già fiutato l’ipotetica trappola: “Ci riserviamo un esame rigoroso del contenuto dell’annunciato maxiemendamento alla legge di Stabilità – ha detto il segretario del Pd – per verificare le condizioni che ne permettano, anche in caso di una nostra contrarietà, una rapida approvazione”.

In attesa di comprendere ciò che sarà, il punto di partenza è il comunicato emesso dall’ufficio stampa di Giorgio Napolitano, da cui è andato Berlusconi in seguito al voto sul Rendiconto dello Stato alla Camera. A Montecitorio, il Cavaliere ha dovuto incassare una verità incontrovertibile: non ha più una maggioranza che lo sostiene. Il passo indietro è stato certificato direttamente dal Quirinale, con un comunicato che non ha lasciato spazio a ulteriori interpretazioni. Dopo il voto sul maxi-emendamento – che dovrebbe rappresentare la risposta alle richieste dell’Europa (condizionale d’obbligo dopo le parole di Olli Rehn) – , “il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione”: dal Colle parole chiare, nette e che hanno tracciato l’uscita di scena di Silvio Berlusconi.

Non un addio definitivo, però. Il presidente del Consiglio, infatti, ha già pronta la sua personale road map, che punta ad un obiettivo ben preciso: cercare di ricompattare ciò che resta della sua maggioranza per cercare di vincere le prossime elezioni, anticipate o meno, con
Angelino Alfano candidato premier. Prima, tuttavia, c’è da rispondere all’Unione europea e per farlo il parlamento dovrà approvare il maxi emendamento alla legge di Stabilità. In tal senso, il programma è pronto: martedì 15 novembre il voto al Senato, entro fine mese alla Camera e poi la ratifica del passo indietro da parte del premier. L’iter, tuttavia, potrebbe subire un’accelerata decisiva, con un anticipo sulle date del voto. Da non dimenticare, in tal senso, quanto detto dal commissario europeo agli affari economici Olli Rehn, che dopo la riunione Ecofin di oggi ha certificato la pochezza della lettera del governo italiano all’Ue.

La mossa del presidente del Consiglio, inoltre, ha aperto il campo a tutta una serie di possibili scenari politici. Secondo fonti parlamentari, ad esempio, il voto anticipato sembrerebbe non piacere a una parte consistente della Lega (i ‘maroniani’?), che paradossalmente potrebbe preferire addirittura un governo tecnico. Questa ipotesi, del resto, permetterebbe al Carroccio di stare all’opposizione (impossibile, del resto, far parte dell’esecutivo di transizione) e, in tal modo, ricominciare a spingere di nuovo sulle sue battaglie storiche per riacquistare il consenso perso, così da arrivare al voto del 2013 con l’obiettivo di vincere, magari puntando su un asse Maroni-Alfano. Tale scenario, inoltre, non dispiacerebbe ad alcune frange del Pdl:
Scajola ha detto chiaramente che non vuole andare al voto anticipato, posizione assunta anche dai peones che temono di non essere ricandidati. Il fronte del no alle urne, quindi, rischia di allargarsi sempre più. Nel frattempo, la linea pubblica del Carroccio è rimasta la stessa: stare al fianco del Cavaliere per vedere cosa succede e chiedere le elezioni anticipate. Nel caso di esecutivo di transizione, invece, la Lega si opporrebbe all’ipotesi di Angelino Alfano premier: il segretario del Pdl, del resto, porterebbe ad un allargamento all’Udc, eventualità molto difficile da far digerire agli elettori padani. A parole, tuttavia, Bossi ha mostrato di nuovo fedeltà al suo alleato storico: “Io i patti con Berlusconi li ho rispettati anche questa volta – ha detto il senatur – e anche l’opzione di Alfano premier è quella che meglio di tutte lo può garantire”. A parole, visto che le voci di corridoio dicono ben altro.

E le opposizioni? Mentre l’Idv spinge sul voto anticipato, i democratici del Pd e i centristi dell’Udc hanno rinnovato la loro proposta: governo tecnico a guida Mario Monti, la scelta preferita anche dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che vuole avvalersi di tutte le prerogative offertegli dalla Costituzione (quindi anche l’individuazione di una maggioranza alternativa in Parlamento). Questo è il domani; l’oggi, invece, è ancora contraddistinto da un premier in scadenza, con il rischio concreto – lo dicono le opposizioni – che il maxi emendamento alla legge di Stabilità diventi un ‘vuoto a rendere’.

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