di FRANCESCO MERLO
SE IL SINDACO di Genova Marta Vincenzi avesse ordinato la chiusura delle scuole non ci sarebbero stati quattro morti. Sarebbero salve sia le mamme sia le bambine. Perché dunque la signora non si calma e non riconosce l'errore invece di sostenere che l'allarme della Protezione Civile non doveva essere preso sul serio?
Il punto è che
Il sindaco farfuglia così: "Tante persone si sono messe in pericolo da sole". Leggiamola insieme questa frase:
E il pianto irrita ancora di più perché ribadisce l'inadeguatezza del sindaco. Piange infatti su se stessa. E vengono in mente le immagini di Benahzir Bhutto e di Sonia Ghandi che, durante i consueti infiniti diluvi d'Asia, stavano in mezzo al fango, con le gambe nell'acqua. Di asciutto avevano solo gli occhi.
Sempre le tragedie mettono a nudo gli uomini nella la loro grandezza e nella loro piccolezza. Purtroppo a Genova l'acqua si è portata via anche il soprannome di "SuperMarta". Continua infatti
Come si vede l'autodifesa è cosi pasticciata e strampalata da risultare autolesionista. Lasciamo perdere l'idea dei nonni rimbambiti. Ma se davvero la gente deve farsi esperta di "massimi sistemi" e deve auto-amministrarsi che ci sta a fare
La signora Vincenzi sragiona, ed è anche male consigliata. Ci vorrebbe un atto di intelligenza politica e di forza morale. Lo dovrebbe fare la sinistra istituzionale e non la gente arrabbiata che ha il diritto di sfogarsi anche con un po' di ingenerosità. La verità è che Marta Vincenzi vale Gianni Alemanno che aveva definito "terremoto" una mattinata di pioggia su Roma (un morto). Ma lo tsunami è peggio del terremoto. Fa infatti duecentomila morti, inabissa i continenti, è un'onda planetaria che mentre devasta la costa asiatica fa sentire la sua eco in America. A Genova non c'è stato lo tsunami e come fummo provocatoriamente tentati di scrivere che la "calamità naturale" di Roma è Alemanno così siamo tentati di scrivere che la calamità naturale di Genova è ora
Le reazioni scomposte alle critiche sono infatti indegne di un'amministrazione civile. A meno di non credere che amministrare significhi tagliare nastri e inaugurare parcheggi. È vero che quella di Roma è stata una pioggia molto intensa che è durata mezza giornata mentre quello di Genova è un nubifragio che è durato 48 ore, ma non si scappa mai davanti ai rimproveri della città ferita, nessun sindaco può reagire con la stizza e con gli sbotti, con il "non abbiamo colpa" urlato fuggendo dalla folla e non c'è la pioggia di sinistra e la pioggia di destra quando viene meno il senso di responsabilità che non è la bottega elettorale.
È difficile per tutti affrontare il nervosismo della folla, l'esasperazione di un città colpita mortalmente. Ma i sindaci devono mettere nel conto anche le rabbie di strada. A Napoli abbiamo visto una folla di disoccupati prendere d'assalto l'auto del sindaco De Magistris che pure era stato portato sugli altari del populismo e forse della demagogia. Ebbene, il sindaco si è preso gli sputi e le urla e ha pure tentato di parlare con quegli agitati. Evidentemente sa che la sua città ha diritto al disagio e al malcontento. E un sindaco deve sempre dimostrare con-partecipazione, anzi con-passione nel prendere su di sé il dolore degli altri.
Ecco: la sola solidarietà che
(07 novembre 2011)
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