lunedì 14 novembre 2011

Tutti dietro Napolitano, ma B. parla ancora


IN SERATA IL PRESIDENTE DELLA BOCCONI VA A PALAZZO CHIGI PER COMUNICARE L’INIZIO DELLA NUOVA FASE

di Paola Zanca

La diretta tv alla fine ha dovuto dividere lo schermo in due. In un riquadro il videomessaggio di Silvio Berlusconi, nell'altro la porta del Quirinale, con i corazzieri pronti ad aprirla a Mario Monti. Nemmeno ieri, il premier dimissionario ha voluto lasciare il ruolo da protagonista al suo successore. Così, alle 7 di sera, mentre Napolitano riceve il senatore a vita per affidargli l'incarico di presidente del Consiglio, lui esce di casa. Scende dall'auto per salutare i suoi sostenitori accorsi fuori da palazzo Grazioli a “lavare l'onta” delle contestazioni di sabato e poi va a rinchiudersi nel fortino di palazzo Chigi. Potrà mettere piedi nella sede del governo un altro giorno, al massimo due. Poi quella non sarà più roba sua. E così indossa la maschera di chi è ancora potente, accende la telecamera e registra le ultime volontà: “Non mi attendo riconoscimenti, ma non mi arrenderò”. Poi resta lì, nel fortino, ad aspettare l’uomo che il Colle ha appena benedetto.

SI VEDONO quando sono da poco passate le 21. Un colloquio di prassi. Così Monti esprime il “profondo rispetto” che ha nei confronti del Parlamento e dei partiti: va a parlare con Berlusconi del lavoro che farà, rende l'onore delle armi allo sconfitto, che ha appena ammesso di essere “triste” perché “un gesto generoso e responsabile” come le sue dimissioni è stato “accolto con fischi e con insulti”. Anche il leader del Terzo polo Pier Ferdinando Casini ieri sera in tv ha promesso che gli telefonerà , anche se non si parlano “da qualche mese”: “Se avesse detto le cose che ha detto stasera qualche mese fa – dice Casini – probabilmente non avrebbe avuto l’epilogo amaro che c'è stato”. Anche a lui la gente in piazza ha fatto lo stesso effetto che a Berlusconi: “Non c'è niente di peggio degli insulti dei vincitori sui vinti”.

Per il centrodestra è l'aspetto più amaro di tutta questa storia: lo dice il segretario del Pdl Angelino Alfano, lo conferma il capogruppo Fabrizio Cicchitto. E ieri, durante le consultazioni, lo hanno spiegato anche al capo dello Stato: loro al governo Monti dicono sì, non hanno altra scelta, ma la “partecipazione” alle larghe intese “non si concilia con un moto davvero disdicevole, per il quale siamo indignati, di vero attacco personale al presidente Berlusconi”.

ALFANO, CICCHITTO e Gasparri sono gli ultimi, ieri, a parlare con il presidente della Repubblica. “L'incontro è durato 50 minuti”, tiene a precisare il segretario del Pdl, come a dire che Napolitano non li ha potuti liquidare in fretta come gli altri, che loro hanno avuto tempo di elencare le loro condizioni: un governo a termine, un programma strettamente legato alla Bce, ministri che siano tecnici davvero e non “tecnici che hanno fatto del proprio impegno pura militanza antigovernativa”. Nella sala della Vetrata, prima erano sfilati di corsa altri 14 gruppi parlamentari. Alcuni numericamente irrilevanti: FareItalia, per esempio, è composta solo dall'onorevole Antonio Buonfiglio. E fa un certo effetto vedere alcuni che fino all'altro ieri erano considerati la salvezza della maggioranza (come il capogruppo di Popolo e Territorio Silvano Moffa) o i traditori responsabili della caduta (Roberto Antonione, tra gli altri) ridotti a mera contabilità istituzionale. C'è Helga Thaler Ausserhofer che parla in tedesco. C'è la libdem Daniela Melchiorre che annuncia di aver proposto a Napolitano il nome di Monti. Francesco Nucara distribuisce copie della Voce Repubblicana del 3 novembre: “Avevo già scritto che volevo Monti”. Domenico Scilipoti, leader del Movimento di Responsabilità nazionale, invece non si fa vedere.

Lega e Idv restano le due schegge impazzite con cui dovrà fare i conti il senatore a vita. Oggi, durante le consultazioni che cominciano alle 10, Mario Monti sentirà anche Umberto Bossi e Antonio Di Pietro. Il primo, dopo aver parlato con Napolitano, ha ribadito il suo no alle “ammucchiate”, anche se “volta per volta” valuterà come votare. L’altro aspetta di conoscere “durata, squadra e programma” ma lavorerà “affinchè il governo si realizzi”.

Infine il Pd. Le facce più nere ieri, all’uscita dallo studio del Presidente, erano quelle di Pierluigi Bersani, Anna Finocchiaro e Dario Franceschini. Sono preoccupati per il futuro: il Pdl è troppo “inaffidabile”, “non ha una guida” e “sta vendendo cara la pelle”. Il governo Monti nasce. “Ma dura finchè ce la fa”.

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