mercoledì 28 dicembre 2011

“La mafia mi teme, ma il Pd non mi dà la tessera”




di Giuseppe Arnone*

Caro Direttore, come ho avuto modo di dirti ritengo che Il Fatto Quotidiano svolga una funzione essenziale nel panorama informativo nazionale, quella della “coscienza critica” in ordine alla questione morale e al rinnovamento della politica. Per questa ragione, mi pare estremamente utile segnalare quest’altra vicenda politico-giudiziaria, che, seppure incardinata innanzi al Tribunale civile di Agrigento, ritengo abbia una valenza ben più che localistica.
   Si tratta di un vero e proprio “banco di prova” per comprendere in che misura Bersani abbia la lucidità e la forza di “emanciparsi” rispetto ai più torbidi e inquinati ambienti della politica siciliana. Per i dati elettorali che più avanti leggerai, peraltro pubblici e notissimi, nonché per i recentissimi sondaggi commissionati dal Pdl, vengo dato come il praticamente certo vincitore delle elezioni a sindaco di Agrigento della prossima primavera 2012. A rafforzare il mio consenso, hanno contribuito sia le rivelazioni del principale dei pentiti di mafia della mia terra, che mi colloca come l’uomo politico più odiato e temuto da Cosa Nostra in terra agrigentina, sia le recentissime vicende giudiziarie che, a fine dello scorso novembre, hanno visto, a seguito di mie denunzie, scoppiare la tangentopoli all’ufficio urbanistica del Comune di Agrigento, con ben otto arresti e, particolare molto rilevante, l’inserimento nell’ordinanza cautelare di una intercettazione ove venivo definito, appunto per via delle denunzie, “gran cornuto”, “pezzo di cornuto”, meritevole di un “cappotto di legno”.
   E ancora, Bersani potrebbe leggere una sintesi della mia storia sull’ultimo libro di Angelino Alfano, “La mafia uccide d’estate”, ove il segretario del Pdl dedica un paio di pagine allo “spietato” Arnone, “giustizialista” e ambientalista, uomo “dall’ antiberlusconismo viscerale, che si è scontrato sulla questione morale” con “magistrati ritenuti acquiescenti, presidenti della Regione, sindaci, esponenti della sinistra ritenuti collusi, speculatori e abusivisti”.
   Malgrado ciò, siamo alla fine dell’anno 2011 e non ho potuto avere la tessera del Partito democratico, perché il gruppo dirigente locale, con in testa l’on. Capodicasa (di cui in modo molto, molto significativo, come vedremo, parlano i pentiti), ha posto in essere l’incredibile “furbata” di non aprire il tesseramento in città e di non rispondere alle mie lettere con cui chiedevo la tessera.
   Incredibile, ma vero. Non hanno avuto il coraggio di rifiutarmela, la tessera. E hanno scelto questo ridicolo artifizio: non aprire il tesseramento del Circolo “Agrigento Centro” e non dare risposta alle mie lettere, riservate e pubbliche, con le quali chiedevo il rilascio della tessera del Pd.
   A fronte di questa situazione, ho ritenuto prima di informare i distrattissimi dirigenti nazionali, con in testa il coordinatore nazionale Migliavacca, che ben conosce la situazione agrigentina. Quindi, a fronte di tanti silenzi – e palesi violazioni statutarie – il mio spirito legalitario mi ha portato a una scelta per certi versi clamorosa: chiedere al Tribunale di Agrigento di imporre al Partito democratico, tramite un provvedimento d’urgenza, di rilasciarmi la tessera. O, quantomeno, di rendere pubbliche le ragioni per le quali Capodicasa e i suoi “amichetti” non mi vogliono tra i piedi, non vogliono rilasciarmi la tessera del partito.
   I partiti, in Italia, prendono una barca di soldi dai contribuenti, chiedono e ottengono finanziamenti dallo Stato per organizzare la vita democratica nel Paese. Per cui, non possono far finta di niente quando un cittadino chiede di ottenere la tessera. Tanto più quando si tratta di un cittadino che gode, da solo, nella sua città, di un consenso ben superiore a quello dell’intero partito (dati ufficiali dello Stato italiano, riferiti alle ultime elezioni amministrative nel Comune di Agrigento). Credo che la vicenda meriti l’attenzione de Il Fatto, nell’ambito dell’assolutamente meritorio ruolo assunto da questo giornale in ordine al rinnovamento della politica e della sinistra, perché formalmente la mia controparte non è il partito di Agrigento, bensì la segreteria nazionale Con stima.

  Agrigento, 27 dicembre 2011

*Avvocato e candidato sindaco di Agrigento

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